Stellantis è stata «citata in giudizio da azionisti negli Stati Uniti». A rivelarlo è stata l’agenzia Reuters, che ha spiegato come chi ha denunciato afferma «che la casa automobilistica li avrebbe ingannati nascondendo l’aumento delle scorte e altre debolezze, prima di pubblicare risultati deludenti che hanno causato il calo del prezzo delle azioni».
Sul proprio portale Reuters ha aggiunto: «La denuncia, presentata presso il Tribunale federale di Manhattan, sostiene che Stellantis avrebbe gonfiato artificialmente il prezzo delle sue azioni per gran parte del 2024, facendo valutazioni estremamente positive» su alcuni dati. Il 25 luglio, poi, sarebbe «emersa la verità», a causa del forte calo dell’utile operativo rettificato di Stellantis nei risultati del primo semestre. La società ha risposto: «Questa causa è priva di fondamento e l’azienda intende difendersi vigorosamente».
Shawn Fain, capo del sindacato americano Uaw, in un video pubblicato dal canale Cnbc, si scaglia contro il top manager portoghese. «Negli Usa – afferma – il problema non sono i lavoratori del settore auto; il problema è quest’uomo: Tavares. Le vendite sono in calo, i profitti altrettanto e gli stipendi degli ad sono molto, molto alti. Il problema non riguarda il mercato di Gm e Ford, le vendite di auto sono in aumento».
Nel mirino, a questo punto, sono le strategie adottate da Tavares, in particolare quelle di aver aumentato i prezzi in nome dei profitti. Le dure parole del leader sindacale Usa seguono di poche ore la grana con cui Stellantis avrà a che fare nei prossimi mesi: l’arrivo di una class action che un gruppo di azionisti americani ha intentato contro l’azienda, tirando in ballo lo stesso Tavares e la cfo Natalie Knight.
Secondo la denuncia, depositata il 15 agosto al Tribunale federale di Manhattan, Stellantis «avrebbe gonfiato il prezzo delle sue azioni per gran parte del 2024, effettuando valutazioni estremamente positive su inventari, potere di determinazione dei prezzi, nuovi prodotti e margine operativo». La verità, per i ricorrenti, sarebbe invece emersa alla presentazione dei deludenti dati semestrali. Tutte accuse fermamente respinte, in una nota, da Stellantis. A tutto questo, si aggiunge il pesante attacco a Tavares del sindacalista Fain, il quale rimarca anche come Stellantis non stia rispettando parti del contratto di lavoro, bloccando i piani che prevedono la riapertura di una fabbrica nell’Illinois. Nel video della Cnbc, Fain rincara la dose: «In Stellantis c’è qualcosa di marcio. Ora che hanno esagerato sui prezzi, stanno facendo crollare le loro stesse vendite».
Stop produttivo a Trenton (Detroit), da domani, a causa delle scorte eccessive di motori; fino a 2.450 licenziamenti a Warren (Detroit) per il cambio di prodotto dopo il pensionamento del pick-up Ram 1500 Classic; la denuncia per frode di diversi azionisti Usa; i problemi di qualità, riconosciuti dallo stesso Tavares, emersi nei siti sempre Oltreoceano; le accuse del numero uno Uaw dirette personalmente all’ad di Stellantis: la situazione del gruppo si fa sempre più complicata, viste anche le note tensioni in Italia, ma anche in Francia. E proprio tra le mura che dovrebbero essere amiche, in giugno Tavares è stato preso di mira dal sindacato Cgt. Il capo di Stellantis (il cui mega stipendio è ammontato nel 2023 a 36,5 milioni, cioè 100mila euro al giorno, ovvero 4mila euro l’ora), «vuole distruggere l’industria automobilistica in Francia per conseguire più profitti e arricchire gli azionisti, occorre una mobilitazione generale», l’avvertimento del sindacato d’Oltralpe.
Del resto, nel piano «Dare Forward 2030» l’obiettivo è quello di aumentare i profitti e raddoppiare i ricavi a 300 miliardi entro quell’anno. Il gruppo, in generale, ha tagliato il personale del 15,5%, ovvero circa 47.500 addetti, tra il dicembre 2019 e la fine del 2023, inclusa una riduzione del 14,5% negli Usa.
Questa la realtà dei fatti che, nella visione di Maurizio Landini, segretario generale Cgil, sarebbe invece da addebitare allo scomparso Sergio Marchionne, ex ad di Fca, «reo» di aver visto male sull’auto elettrica. Dalle pagine di La Repubblica – il cui editore Gedi è controllato dalla Exor guidata da John Elkann, presidente di Stellantis – Landini addossa i problemi italiani di Stellantis alle scelte fatte dall’allora nemico, ai tempi delle battaglie Fiom-Fiat, che da fine luglio 2018 riposa in un cimitero canadese.
“Siamo di fronte a un rischio molto concreto per il nostro sistema industriale-manifatturiero. Siamo di fronte a un bivio molto secco: o si investe per cambiarlo nella direzione di una transizione sia ecologica che digitale; oppure si accompagna un processo di progressivo ridimensionamento fino anche alla chiusura delle attività più importanti del nostro paese”. Così Maurizio Landini, a margine di un incontro con il ministro Urso e altri sindacati, in cui è stato fatto il punto sul futuro piano industriale del paese. “Questo tema, da questo incontro, non è stato assolutamente chiarito – spiega il segretario generale della CGIL – e per questo noi chiediamo che il confronto avvenga a palazzo Chigi, perché c’è bisogno che tutto il governo si assuma queste scelte”. Landini spiega quindi che “nella nuova legge di bilancio che si farà a settembre-ottobre questo è uno dei temi fondamentali di cui si deve discutere” ed è quindi necessario che “quel tavolo veda il coinvolgimento vero delle organizzazioni sindacali e delle associazioni imprenditoriali”. Su Stellantis:“Trovo singolare che mentre discutono con Stellantis che dovrebbe impegnarsi per rimanere in Italia, nel frattempo il gruppo continua a vendere attività, a incentivare le dimissioni e non dire quali modelli vuol fare. Non bisogna continuare ad avere incontri singoli tra l’azienda e il governo – lamenta Landini – c’è bisogno che ci sia un tavolo vero di trattativa e confronto che coinvolga le associazioni sindacali, i lavoratori e che sia a palazzo Chigi”.