Parlare dei figli degli immigrati come se fossero dei primitivi, dei parassiti che vivono sulle spalle dei francesi, serve solo a mettersi in mostra alla ricerca di consensi, ma non rispecchia la Francia di oggi e non aggrega per formare maggioranza. Senza immigrazione la Francia si fermerebbe e non sarebbe quella che è. Senza l’UE poi, non potrebbe permettersi un debito pubblico di tremila miliardi che non sono, certamente, finiti agli immigrati. Il lepinismo è nato e cresciuto per l’ostilità contro gli immigrati e per il suo anti europeismo sviscerato. I francesi, che pur sembravano orientati verso un cambiamento radicale, alla fine si sono rivelati più saggi di quanto pensassimo. La sinistra di Melaschon grida alla vittoria, ma possiamo invece dire che è la sconfitta del lepenismo che non ha convinto il 50% più uno dei francesi. Alla fine Macron ha dimostrato di non essere quell’incapace che si voleva far apparire. Sicuramente la sua leadership si è appannata e il suo stesso ruolo di Presidente della repubblica, ridimensionato a favore di un’assemblea parlamentare rafforzata dal record di partecipazione dei cittadini al voto. I francesi non vogliono più Macron, ma nemmeno Le Pen. Rassemblement National ha perso molti voti e con essi i collegi, perché ha presentato candidati razzisti, nazionalisti e anti europeisti, che per la Francia rappresentano ancora oggi nemici da tenere alla larga. Il Nuovo Fronte Popolare, al contrario, ha avuto un buon successo che a nostro avviso non è destinato a durare. Il socialismo di Hollande non ha nulla in comune con il populismo di Melenchon e le sue derive anti semite. La situazione è complessa perché in Parlamento si dovrà far nascere una maggioranza che rispecchi in parte quella uscita dalla coalizione innaturale, ma vincitrice, uscita dalle urne. Avranno tre anni di tempo per individuare il candidato alla Presidenza della Repubblica che sia in grado di battere l’estrema destra di Marine Le Pen. Un ruolo importante lo possono giocare i socialisti di Hollande che è ritornato sulla scena politica in un momento molto delicato per la Francia. Il nuovo governo dovrà segnare una svolta: combattere il progressivo impoverimento delle famiglie, gestire il problema migratorio evitando la ghettizzazione, ma favorendone la partecipazione alla vita pubblica in modo attivo. Il populismo di RN è prosperato nel corso di questi anni, proprio perché non si è data una risposta a questi problemi. Macron negli anni della sua presidenza ha pensato che con la tecnocrazia potesse risolvere i problemi del Paese, ma ha solo creato un’élite che del popolo si è disinteressata. Anche in Francia il lavoro è sottopagato e il fisco è ai massimi livelli di tassazione; il ceto medio sostiene il peso della più alta pressione fiscale d’Europa, in cambio di servizi, sicuramente migliori dei nostri, ma anch’essi in via di deterioramento. Se il nuovo governo che tra poco vedrà la luce, non sarà in grado di restituire ai francesi la fiducia nelle istituzioni, se non abbandonerà il perimetro parigino, allora possiamo dire che il 7 luglio, forse, è stata l’ultima grande prova del fronte democratico e repubblicano. E Macron sarà responsabile della disfatta.
Andrea Viscardi