Il made in Italy ad Atreju, Urso: ‘Mai succubi della Cina’

Ad Atreju in tantissimi  per il dibattito sul made in Italy.  Al convegno sul made in Italy, introdotto dalla sottosegretaria Fausta Bergamotta, si alternano il ministro Adolfo Urso, Matteo Zorbas, presidente dell’Ice, e Carlo Calenda. Un altro degli ospiti del fronte avversario che hanno accettato l’invito di Fratelli d’Italia. Per confrontarsi con gli esponenti del governo Meloni, per esserci. E anche per strappare applausi, come ha fatto il leader di Azione che si è esibito in un attacco ad alzo zero alla famiglia Elkan. Colpevole di aver dirottato all’estero, in particolare aver venduto ai cugini francesi, i gioielli di famiglia. “Stellantis ha smantellato l’industria italiana. Ora Elkan alzasse le chiappe, venga qui e ci pieghi come ha utilizzato i finanziamenti dello Stato”. Non è una novità ma la verve che ha messo è molto piaciuta alla platea.

Il ministro Urso ha passato in rassegna tutte le iniziative forti  del governo in materia di regolamento delle materie critiche. Che rimanda direttamente a quel cambio di passo all’insegna della sovranità che è la cifra di questo esecutivo. Iniziative concrete su lavorazione e riciclo per uscire dalla sudditanza delle importazioni dall’estero. “Per non diventare succubi della Cina”, scandisce a voce alta surriscaldando il pubblico di Atreju.

Urso sottolinea la volontà di imprimere una nuova politica industriale europea e nazionale. “Dobbiamo farlo guardando al futuro”, dice citando non solo il disegno di legge strategico sul made in Italy, ma anche il ddl delega per estirpare la burocrazia infernale che impedisce alle imprese di orientarsi e lavorare. “Abbiamo trovato 2000 forme di incentivi diversi per le aziende, una giungla in cui è impossibile districarsi”. Snellimento burocratico e politica forte in materia di produzione.

“Lo dico anche qui e lo ripeto – alza i tono il ministro Urso – torneremo ad aprire le miniere per non dipendere dal gigante cinese come prima da Mosca”. Calenda ha puntato il dito contro la famiglia Elkan che ha svenduto Magneti Marelli, il gioello di Sergio Marchionne, a un’azienda giapponese indebitata.

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