Un vero è proprio re Mida. Tanti, tantissimi soldi investiti nel mondo del calcio. Il Manchester City è il club più ricco al mondo e vale 4,4 miliardi di euro. Una potenza economica che è ulteriormente aumentato questi ultimi giorni con la vendita alla società di private equity Silver Lake per 450 milioni il 10% della società che controlla il club inglese. Soldi freschi che permetteranno ai Citizens di comprare altri campioni e che serviranno anche per costruire un nuovo stadio a New York, uno degli altri 7 club in tutto il mondo gestiti dal City Football Group (New York City, Melbourne City, Girona, Club Atletico Torque, Sichuan Jiuniu, Yokohama F. Marinos e l’ultimo arrivato Mumbai City).
Fino a qualche anno fa il City ha sempre subito la pressione dei Red Devils che ha portato la città di Liverpool nel gotha del calcio europeo. Poi il vento è cominciato alla fine del 2008 grazie allo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan. Sotto la guida di Roberto Mancini i Citizens conquistarono la Premier League nella stagione 2011-2012 dopo 44 anni di distanza, impresa bissata da Pellegrini due anni dopo. Ma è con l’arrivo di Pep Guardiola nel 2016-2017 che il club fa il grande salto di qualità e diventa brand appetibile in ogni parte del mondo. Con il catalano arrivano nuovi successi sportivi (due Premier di fila) e il fantastico Quadruple della passata stagione, con i cugini sempre più in difficoltà. “Silver Lake è un leader mondiale in investimenti tecnologici e siamo contenti sia della stima che si evince dal loro investimento in CFG, sia dalle opportunità per ulteriore espansione che si presentano grazie a questa collaborazione” ha scritto in un comunicato il presidente di City Football Group Khaldoon Al Mubarak.
Il nuovo accordo porterà così l’Abu Dhabi Group a mantenere la maggioranza con il 77% delle quote, mentre China Media Capital (entrata nel 2015 pagando circa 400 milioni di dollari) manterrà il 12% e Silver Lake intorno al 10%. Rispetto all’ingresso del gruppo cinese, la valutazione del City Football Group è ulteriormente schizzata verso l’alto: nel 2015 il versamento di 400 milioni di dollari per il 13% stimava la società intorno ai 3 miliardi di dollari, mentre oggi invece si parla di circa 4,8 miliardi di dollari.