Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha sottolineato l’essenzialità della NATO per garantire la sicurezza nazionale dell’Italia in scenari di conflitto simili a quelli recenti in Ucraina e Israele.
Crosetto ha chiarito che l’Italia, agendo in solitudine, non avrebbe le capacità difensive sufficienti a proteggersi da attacchi esterni intensi, simili a quelli subiti da Ucraina e Israele: “Se dovessimo subire un attacco come quello dell’Ucraina non avremmo potuto difenderci e se avessimo subito come quello di Israele durato sei ore, non saremmo riusciti a fermare tutti i missili che Israele è riuscita a fermare. Negli ultimi quaranta anni l’Italia ha trascurato gli investimenti in difesa, assumendo che le guerre fossero un fenomeno del passato. Non per colpa di qualcuno, ma perché pensavamo di non aver bisogno della Difesa, che le guerre non esistessero più’.
‘Non c’é abbastanza consapevolezza a livello politico per togliere la polemica su temi cruciali’, ha continuato il ministro, esprimendo dubbi sulla capacità italiana di raggiungere il target del 2% del PIL in spese per la difesa richiesto dalla NATO. Ha inoltre criticato l’Europa per la sua incapacità di presentarsi unita in materia di politica estera e difesa, definendo la situazione attuale come una con 27 politiche difensive diverse.
Siamo precipitati in un mondo completamente diverso non destinato a tornare indietro come nulla fosse successo, un mondo dove stanno cambiando gli equilibri, quelli nati dopo la II guerra mondiale sono messi in discussione. Si sta affacciando un nuovo modo di dirimere le controversie e se mi interessi ti invado. Non solo: ti faccio una guerra che non è solo quella dei carri armati, è ibrida, partendo dalla disinformazione all’uso degli Houthi per attaccare i trasporti occidentali. Non siamo in grado di arrivare al 2% in tempi brevi come ci chiede la Nato perché abbiamo questo debito pubblico, questa spesa pubblica, perché non c’é abbastanza consapevolezza a livello politico per togliere la polemica su temi cruciali. Ci dovremmo arrivare nel più breve tempo possibile; la difesa è la garanzia perché tutto il resto esista”.
Crosetto ha richiamato l’attenzione sulla necessità di una Europa che si riconnetta alle reali necessità delle industrie e delle famiglie, superando una burocrazia eccessiva e distaccata.
La NATO, Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord è un’alleanza militare intergovernativa nel settore della difesa tra 32 Stati membri, di cui 30 europei e due nordamericani, istituita all’indomani della seconda guerra mondiale. Il trattato istitutivo della NATO, il Patto Atlantico, fu firmato a Washington il 4 aprile 1949, ed entrò in vigore il 24 agosto dello stesso anno.
La NATO ha lo scopo di garantire la libertà e la sicurezza dei Paesi membri attraverso mezzi politici e militari. L’organizzazione promuove i valori democratici e consente ai membri di consultarsi e collaborare in materia di difesa e sicurezza per risolvere i problemi, creare fiducia e, nel lungo termine, prevenire i conflitti1. La NATO è un sistema di sicurezza collettiva, i suoi Stati membri indipendenti si impegnano a difendersi a vicenda da eventuali attacchi di terzi.
Mentre il conflitto in Ucraina interessa direttamente la sicurezza e la stabilità economica di tutto il continente europeo, fronti di guerra prossimi al nostro Paese non si sono mai sopiti: Nord Africa, Caucaso, Balcani, Medio Oriente, Palestina. In tutti questi fronti c’è la presenza di armi e tecnologie avanzate di provenienza italiana, visto che l’Italia è il sesto esportatore mondiale di armi dopo Stati Uniti, Russia, Francia, Cina, Germania. Stando ai dati governativi ufficiali sui movimenti economici nel campo delle spese militari, l’Italia ha esportato sistemi bellici nei Paesi coinvolti nei vari conflitti. Infatti nel 2021 – fonte:economy magazine – ha concluso affari per la vendita di armi con 92 Paesi, in particolar modo con quelli della Nato (il 52% delle transazioni), ma non solo. Tra i clienti più importanti dell’Alleanza Atlantica troviamo gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada, la Norvegia, la Turchia, l’Albania e la Macedonia del Nord. Fra i maggiori partner dell’export del comparto bellico italiano v’è l’Egitto di Al Sisi (anche se dal 2021 l’aumento di vendite più significativo registrato è col Qatar) e a seguire Turchia e Kuwait.
Dall’inizio delle guerra in Ucraina è tornato al centro del dibattito pubblico il tema della spesa militare e dei proventi delle industrie belliche. In questo settore il nostro paese vanta un ruolo di spicco. In sostanza, con il conflitto in Europa si è solo contribuito alla produzione di armi in giro per il mondo e ad incrementare i profitti della fabbrica bellica. Secondo fonti dell’Università di Padova, il primo Paese destinatario delle “nostre” forniture di armamenti è l’Egitto, al secondo posto ci sono gli Stati Uniti, seguiti dal Regno Unito e dal Qatar. Anche le esportazioni intra-Ue hanno un valore non di poco conto.
Ritornando al ministro della Difesa, Guido Crosetto, ancora prima che giurasse da ministro della Difesa nel nuovo governo Meloni, il cofondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto era stato al centro di molte attenzioni da parte dei giornali per alcuni potenziali conflitti d’interessi tra le sue attività da consulente proprio nel settore della difesa e il ruolo istituzionale che dovrà ricoprire. Crosetto respinse le accuse informando che avrebbe messo in liquidazione le sue società.
Nato in una famiglia di imprenditori Crosetto ha fondato e avviato la gestione di varie società, mantenendo uno stretto rapporto con le aziende nel settore della Difesa. A fine estate del 2014 aveva per questo lasciato una prima volta la politica ed era diventato presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (AIAD), una importante associazione di Confindustria che raccoglie quasi 200 aziende molte delle quali strategiche nella produzione di sistemi satellitari e armi. Alla AIAD fanno anche riferimento l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive, l’Associazione per la normazione, la formazione e la qualificazione nel settore dell’aerospazio, difesa e sicurezza e l’Associazione per i servizi, le applicazioni e le tecnologie di telecomunicazioni per lo Spazio.
La AIAD cura gli interessi delle aziende in un settore con grandi e ramificati interessi, che inevitabilmente riguardano anche le scelte politiche legate alla difesa. È coinvolta nei meccanismi di scelta per la delegazione italiana nel NATO Industrial Advisory Group, che consente alle industrie di avere relazioni con l’alleanza militare in termini di armamenti. Dalle attività del gruppo e in generale dell’AIAD oltre alla definizione di strategie commerciali dipendono contratti da svariati miliardi di euro.
Poco tempo dopo l’elezione alla Camera con FdI nel 2018, Crosetto aveva presentato le proprie dimissioni da deputato dicendo di volersi nuovamente occupare a tempo pieno della presidenza dell’AIAD. La decisione era condizionata dal fatto che i due ruoli non fossero compatibili. Crosetto ci avrebbe messo quasi un anno prima che la Camera accettasse le sue dimissioni. Tornato a fare l’imprenditore, nel 2020 era stato nominato alla presidenza di Orizzonte sistemi navali, una joint venture tra Leonardo e Fincantieri (due grandi aziende con una forte partecipazione pubblica) per la realizzazione di nuove tecnologie legate alle armi e alle navi militari.
Crosetto ha insomma maturato una lunga esperienza nel settore della difesa, quasi esclusivamente dalla parte delle aziende il cui più importante cliente è spesso lo Stato. Ed è da questa circostanza che sono sorti i dubbi su un potenziale conflitto d’interessi che potrebbe riguardarlo. Le prime critiche erano iniziate a circolare nel corso della campagna elettorale, quando Crosetto aveva sostenuto la candidatura di Giorgia Meloni e in generale la campagna di FdI, dicendo comunque di farlo da osservatore esterno. Proprio per gli incarichi che ricopriva, aveva deciso di non candidarsi alle elezioni e in varie occasioni aveva sostanzialmente escluso la possibilità di diventare ministro e soprattutto ministro della Difesa.
Poi le cose sono andate diversamente e Crosetto è diventato ministro della Difesa. Pochi giorni dopo la vittoria della destra alle elezioni, Crosetto aveva comunque iniziato a darsi da fare per prevenire le polemiche, annunciando la messa in vendita della sua società di consulenza in cui era coinvolta parte della famiglia. Dopo la nomina a ministro, aveva inoltre confermato su Twitter di voler chiudere tutti i propri incarichi e gli affari privati.
Ha quindi rinunciato alla carica nell’AIAD, per la quale non riceveva compenso, e alla presidenza di Orizzonte sistemi navali. Alla Stampa, Crosetto confermò di voler vendere le attività di famiglia anche legate alla produzione di macchinari agricoli.
Su Domani, giornale che ha seguito più di altri le vicende di Crosetto ritenendo concreto il rischio di un conflitto d’interessi, Giovanni Tizian si è chiesto se gli annunci sulle dimissioni e le vendite fossero state sufficienti:
‘C’è chi dice: una volta lasciata la presidenza per Crosetto ogni possibile conflitto svanirà? È davvero così? Nell’AIAD fra le aziende che ne fanno parte Crosetto ha molti amici. Per esempio, potrà contare sul segretario generale, Carlo Festucci, che siede nel consiglio di amministrazione di un’azienda che ha tra i soci il 25enne figlio del fondatore di Fratelli d’Italia. La benevolenza dell’industria degli armamenti verso Crosetto e Fratelli d’Italia è indicata anche da un altro elemento: poco tempo fa un’azienda ha versato 10mila euro al partito. Si tratta della Drass Galeazzi srl, si occupa di «tecnologia subacquea e prodotti per la difesa marina come sommergibili e veicoli per le forze speciali». Drass è membro di AIAD, il cui presidente è Crosetto, l’imprenditore e fondatore del partito di Meloni. Diventato ormai il ministro della Difesa con cui Drass dovrà confrontarsi.
Intervistato da Repubblica, Crosetto rispose a una domanda che gli chiedeva conto proprio del conflitto d’interessi: ‘Ho lasciato ogni incarico, come prevede la legge, e andrò anche oltre, uscendo da società dove potrei rimanere. Dunque, la risposta è no e d’ora in poi ho deciso di tutelarmi legalmente contro chiunque lo scriverà. Ho accettato di fare il ministro, sacrificando decenni di lavoro. E pretendo rispetto. Tra l’altro il mio ruolo principale era quello di aiutare le aziende italiane all’estero. Lavoravo accanto ai governi e ai ministri della Difesa, dalla Trenta alla Pinotti a Guerini, che dunque non erano mai controparte. È evidente che non esista alcun conflitto di interessi’.