Il ministro Santanchè tra processi in corso e l’illuminazione del Guardasigilli

Si è tenuta l’udienza preliminare del procedimento in cui Santanchè, il compagno Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena e Paolo Concordia, collaboratore esterno che si occupava della gestione del personale, sono imputati per la presunta truffa all’Inps nell’erogazione indebita della cassa Covid a zero ore per 13 dipendenti di Visibilia Editore e  Visibilia Concessionaria.

I legali dell’Ente previdenziale hanno chiesto e ottenuto di essere ammessi come parte civile.

Secondo l’accusa le due società avrebbero chiesto e ottenuto la cassa integrazione in deroga nel periodo pandemico per i 13 dipendenti, per un totale di 126mila euro, anche se questi hanno continuato a lavorare in quel periodo. A maggio la procura di Milano aveva chiesto il rinvio a giudizio per le società, Santanché, Kunz e Concordia. A tutti loro viene contestato di aver “dichiarato falsamente” che i lavoratori fossero in cassa “a zero ore” mentre in realtà lavoravano.

Nell’udienza preliminare del procedimento per truffa aggravata ai danni dell’Inps la società fondata dalla ministra del Turismo, Visibilia Editore, ha chiesto di patteggiare una sanzione  con l’intera restituzione delle cifre contestate dall’Inps. I pm Luigi Luzi e Maria Gravina, che contestano i reati al ministro del Turismo hanno dato parere favorevole al patteggiamento. La gup di Milano, Tiziana Gueli, ha poi rinviato al 23 ottobre, data della prossima udienza, la decisione riguardo la richiesta del difensore di Santanchè, Nicolò Pelanda, di trasferire il processo a Roma per una questione di competenza territoriale.

Tre le possibili strade per il gup: accogliere la richiesta della difesa, far risolvere la questione alla Cassazione, oppure lasciare che sia Milano a occuparsi della vicenda. Inoltre è stata chiesta dal legale di Santanchè una riqualificazione giuridica del reato: non più truffa ma indebita percezione di erogazioni pubbliche.

L’indagine era nata dalle dichiarazioni di Federica Bottiglione, ex dirigente di Visibilia Editore, la quale aveva registrato le conversazioni con il compagno della Santanchè e aveva raccontato di aver continuato a lavorare quando, dal marzo 2020 fino a novembre 2021, era invece ufficialmente in cassa integrazione a zero ore nel periodo Covid. Uno schema che sarebbe stato replicato per altri ex dipendenti di Editore e altri sei di Concessionaria. Accuse da cui la senatrice si era difesa, lo scorso luglio, in Parlamento.

La scorsa settimana invece era iniziata l’udienza predibattimentale sui contestati falsi in bilancio presumibilmente commessi da Santanchè e altri 16 persone legati ai conti delle società dello stesso gruppo. Per questo filone la prossima udienza in programma sarà il 17 ottobre. Altre udienze sono state fissate per il 30 ottobre e il 21, 22, 25 e 26 novembre.

“Vi sembro preoccupata? Sono ottimista. Escludo che arrivi un rinvio a giudizio oggi, poi sono qui per parlare di politica e non c’è niente di attinente per quanto riguarda la mia attività politica e di ministro”. Ostenta sicurezza la ministra del Turismo Daniela Santanchè davanti ai giornalisti, a proposito delle vicende giudiziarie che riguardano la sua attività di imprenditrice e l’eventualità di un rinvio a giudizio, che non è da escludere.

Di certo la Santanchè non è preoccupata visto che il Guardasigilli veste i panni del pompiere ricordando che la stella polare che deve fare da criterio in casi simili è una sola: la presunzione di innocenza.

Il titolare della Giustizia non ha dubbi su ciò che dovrebbero fare Salvini in caso di condanna in primo grado e Santanchè in caso di rinvio a giudizio. «Il criterio generale» che andrebbe seguito in casi come questi, per Nordio, è nell’articolo 27 della Costituzione, «cioè la presunzione di innocenza». Perché, ha ribadito il titolare di via Arenula, «finché una persona non è oggetto di sentenza definitiva è presunta innocente».

Il ministro chiarisce il suo punto di vista e spiega perché, per lui, un passo indietro di fronte a una condanna non definitiva da parte di un politico sarebbe un grave errore. Un errore che vanta, peraltro, numerosi precedenti, come  osserva Nordio: «abbiamo assistito a decine per non dire a centinaia di indagini e anche di processi che hanno compromesso o addirittura eliminato politicamente la funzione di ministri, di sottosegretari, di parlamentari». Indagini e processi che, afferma il Guardasigilli, «poi si sono risolti con assoluzione». Finendo dunque nel risolversi, da un punto di vista «retrospettivo», in «una eliminazione di un avversario politico fatta per via giudiziaria, di cui nessuno peraltro si è assunto la responsabilità».

Dunque no all’ombra delle pressioni giudiziarie sulla politica, no alle dimissioni sotto minaccia di magagna giudiziaria.

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