‘La linea del governo è chiara: chi lascia il Paese dopo aver incassato gli incentivi dovrà restituire tutti i sussidi’, afferma il ministro Adolfo Urso a margine di un evento organizzato da Fenapi: ‘Vogliamo supportare le imprese che investono nel nostro Paese, mentre chi lascia l’Italia dopo aver ricevuto gli incentivi pubblici dovrà restituire i sussidi degli ultimi 10 anni’. Il discorso è legato al dossier Stellantis. L’obiettivo è sì quello di ottenere risultati, ma la priorità è l’interesse nazionale. Da questo punto di vista, Urso ha evidenziato che senza ‘un’adeguata risposta sul piano della produzione delle auto nel nostro paese dal prossimo anno le risorse del fondo automotive che restano saranno destinati all’incentivo alla produzione e non più all’incentivo al consumo. Non è possibile che l’incentivo vada in misura prevalente all’estero. Le risorse pubbliche vanno orientate a tutelare e rafforzare la produzione e il lavoro in Italia’.
Urso mette poi l’accento sul piano di incentivi messo a punto dal governo, senza dimenticare che è in vigore la coda del piano precedente: ‘Quello nuovo è fatto in modo tale da sopperire anche a qualche carenza del precedente. Il piano incentivi, per esempio, per quanto riguarda l’elettrico, l’abbiamo presentato con un rapporto di trasparenza a tutti i soggetti il primo febbraio e lo stiamo mettendo a terra con tre direttrici che sono chiare a tutti, noi siamo tutti molto diretti e trasparenti. La prima è quella di rottamare le auto più vecchie e inquinanti (0, 1, 2 e 3) che sono ancora il 25% del parco circolante in Italia. Abbiamo il parco auto più vecchio e inquinante d’Europa’.
Il secondo obiettivo, per Urso, è quello di supportare le famiglie a più basso reddito in ottica dell’acquisto di un’auto elettrica: ‘Nel combinato disposto tra un’auto rottamata più inquinante e un’auto elettrica acquisita, il contributo, l’incentivo che una famiglia a basso reddito può giungere a 13.750 euro’.
Il terzo obiettivo è quello della sostenibilità produttiva: ‘Sostenibilità ambientale, rottamare le auto più vecchie; sostenibilità sociale, aiutare chi non se lo può permettere; sostenibilità produttiva, ovviamente orientato soprattutto a modelli che si possono realizzare nel nostro paese’.
Urso ha ricordato di aver incontro il presidente Elkann tre volte in un anno e lo stesso Tavares: ‘C’è un’interlocuzione, come ci deve essere, assidua con questa grande realtà industriale italiana e multinazionale. Il nostro è, come deve essere, un cantiere continuo per valorizzare la produzione. L’obiettivo è quello di giungere a un documento conclusivo che metta in campo gli impegni che sono stati assunti dall’azienda, in quella sede e anche fuori, con gli obiettivi che i sindacati si propongono in termini di mantenimento occupazionale, con gli obiettivi che l’indotto si propone, e noi con loro’.
Negli ultimi giorni non sono venuti meno i botta e risposta tra il premier Giorgia Meloni e i vertici del gruppo, in particolare l’amministra delegato Tavares, che ha ‘minacciato’ ripercussioni sugli stabilimenti in caso di mancato intervento sugli incentivi.
Le stanno mettendo a dura prova la solidità del Gruppo Stellantis, le ambizioni di vendita della Nuova 500, circa 100.000 unità l’anno, non hanno trovato un adeguato riscontro tra il pubblico, ciò ha comportato una rivisitazione dei piani e delle strategie da parte del colosso automobilistico. Produzione pressoché dimezzata, Cassa integrazione per quasi due mesi e turni fermi, questa la situazione che si paventa durante il mese di marzo per il sito produttivo di Mirafiori.
Nei giorni scorsi era stato proprio il CEO Stellantis, Tavares, a chiedere al Governo un sostegno serio e duraturo: ‘Senza sussidi all’auto elettrica, Mirafiori e Pomigliano sono a rischio tagli’.
Una dichiarazione a cui è seguita una pronta risposta del Governo Meloni, che chiede ancora una volta la centralità dell’Italia nella produzione di automobili.
Una serie di incontri istituzionali, dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, all’ambasciatore americano in Italia, Jack Markel. Presente nella sua fitta agenda di appuntamenti anche un incontro con il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Elkann secondo le prime indiscrezioni, avrebbe ribadito la volontà di portare in atto i progetti in corso, smentendo categoricamente l’ipotesi di una fusione con il Gruppo Renault. Nel frattempo, i sindacati sono sul piede di guerra, i segretari generali di Fim Cisl, Fiom Cgl e Uilm, hanno chiesto un incontro con Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy ed Elvira Calderone, Ministra del Lavoro e delle Politiche sociali.
E’ comunque fuor di ogni dubbio che il Governo italiano e Stellantis si muovono su logiche e strategie completamente diverse. Da una parte c’è Stellantis, grande azienda multinazionale, che porta avanti le sue strategie secondo una logica globale: l’amministratore delegato Carlos Tavares, altro non fa se non spingere alle estreme conseguenze quanto stabilito già a partire dall’era Marchionne in Fiat Chrysler e proseguito dopo la fusione con Peugeot e Citroen. Se infatti, fino al 2010, Fiat era sostanzialmente concentrata sull’Europa e sull’Italia in particolare e la produzione riguardava essenzialmente il mercato di massa, la crisi economica scatenatasi a partire dal 2008 e sviluppatasi negli anni successivi, la sempre più diffusa sensibilità ai temi ambientali soprattutto in ambito europeo, le rivoluzioni tecnologiche in atto nel settore dell’auto (nuovi propulsori, autonomous driving, connettività) hanno infatti radicalmente modificato il mondo della produzione automobilistica. Si sono quindi rese imprescindibili per la sopravvivenza le aggregazioni con Chrysler (prima) e Peugeot e Citroen (successivamente), necessarie per aumentare i volumi della produzione, ottenere economie di scala ed evitare la duplicazione delle spese necessarie per sviluppare le nuove tecnologie.
Marchionne aveva iniziato a trasferire la produzione di veicoli per il mercato di massa su altri Paesi a più basso costo del lavoro, mantenendo in Italia la produzione di brand ad alto valore aggiunto (Jeep soprattutto, ma anche Alfa Romeo e Maserati) da esportare nel mondo ed in grado di garantire più elevati margini di profitto. In pratica quello che fa oggi Stellantis, per combattere una concorrenza molto agguerrita e con costi di produzione significativamente più bassi, localizza i suoi stabilimenti, soprattutto per i modelli con minori margini di guadagno, in funzione di costi di produzione ed incentivi offerti dallo Stato ospitante. Non a caso, la 600 elettrica è prodotta in Polonia e la nuova Panda elettrica sarà prodotta in Serbia, circostanza annunciata qualche mese fa e mai smentita né da Stellantis, né dal nostro Governo. In Italia rimane la produzione (a termine) della Panda vecchio tipo a Pomigliano, e della 500 elettrica a Mirafiori, quest’ultima nella misura in cui i volumi richiesti dal mercato lo consentiranno. La linea di Tavares, in perfetta continuità con quanto impostato da Marchionne è chiara: l’obiettivo è sopravvivere e creare profitti per risponderne agli azionisti.
Dall’altra parte il Governo italiano che propone un piano incentivi per l’acquisto di auto a basse emissioni soprattutto elettriche, che ricalca quello precedente che era rimasto inutilizzato per metà. Promettendo con il ministro Urso che le misure del piano saranno ‘prevalentemente orientate su modelli realizzati negli stabilimenti italiani, per aumentare la produzione nazionale’.
Il ministro Urso pensa anche all’ingresso dello Stato italiano nel capitale di Stellantis, come il Governo francese, già presente nel capitale Peugeot prima della fusione tra FCA e PSA.
Il problema reale è poi legato al mercato dell’auto elettrica in Italia che è terribilmente lento, visto che solo 46000 persone hanno comprato un’auto elettrica nel 2023. Il problema del maggior costo delle auto elettriche è in parte ovviato con gli incentivi sul prezzo di acquisto. Il grande tema riguarda il potenziamento, anzi la capillarizzazione, della rete di ricarica a livello nazionale. Chi si accosta all’acquisto di un’autovettura, per scegliere elettrico vuole avere la certezza di poter ricaricare la batteria dell’auto rapidamente e senza difficoltà di approvvigionamento di energia. Problematica che precede, ed a ragione, l’aumento delle vendite di auto elettriche in Italia e, di conseguenza, dei volumi di produzione delle vetture in Italia, visto che nessuna azienda, tanto meno multinazionale, produce per creare invenduti, visto che sono le vendite che trainano la produzione. Solo con l’aumento del volume di vendite di auto elettriche si avrebbe quale immediata ricaduta l’aumento dei volumi di produzione anche in Italia e si potrebbe tentare di raggiungere l’obiettivo di un milione di auto prodotte nel nostro Paese.