Il mitico Odin Teatret, al Teatro Vascello di Roma

La stagione del Teatro Vascello si apre con uno spettacolo della compagnia cult, diretta da Eugenio Barba, fondatore del mitico Odin Teatret.
Questa compagnia, la più longeva ed in attività, replicherà fino al 2 ottobre la pièce dal titolo Tebe al tempo della febbre gialla.
I testi e la regia di Eugenio Barba, il grande regista italiano che da sempre lavora tra il Nord Europa e l’Italia, sono a servizio di cinque attori che per settanta minuti recitano in greco antico: Kai Bredholt, Roberta Carreri, Donald Kitt, Iben Nagel Rasmussen, Julia Varley.
Siamo a Tebe, la città di Edipo, la città delle lotte fratricide, la città degli incesti e dei patricidi. Quella Grecia che già aveva espresso tante dinamiche psicologiche, alle quali solo nel ‘900 e con Freud gli sarà dato il nome che ha segnato il teatro, la letteratura e la scienza degli ultimi cento anni.
Nell’opera rappresentata siamo al giorno dopo la battaglia, come oggi ci troviamo nei giorni successivi alle elezioni.
Forse Manuela Kusterman, direttrice del Teatro Vascello e Regina del teatro di avanguardia italiano, nel calendarizzare questa pièce ha tenuto conto di questa sincronicità?
La guerra tra Eteocle e Polinice, figli di Edipo, è finita. Sono entrambi morti nell’impresa di sostituirsi al padre e prenderne il potente ruolo.
Anche Antigone è stata punita, ma i fantasmi delle vittime della guerra continuano ad aleggiare e ad assurgere a simbolo. Sono rimasti un mito ancora oggi, per chiunque senta di trasgredire la legge del Re in favore della legge umana, quella personale ma al contempo divina.
I morti vengono seppelliti e i fantasmi continuano ad aggirarsi per Tebe.
È primavera, la guerra è finita, da sempre il post bellico è un momento di luce. Ma la sfinge e la peste sono in agguato. Tebe sarà distrutta sette volte, ma per sette volte, più una, risorgerà.
Lo spettacolo, atto unico, è diviso in 12 scene: tra rituale di purificazione, sepolture, enigmi della Sfinge e follie di una madre mitomane, che crede di essere Antigone.
E’ uno spettacolo estremamente complesso, moltissimi sono i riferimenti alla pittura moderna e contemporanea e alla tauromachia. In alcune fasi della rappresentazione il ritmo è coinvolgente, ma il fatto che essa sia recitata in gran parte in greco, con solo due interventi in italiano, l’hanno resa difficile. Non si può rimanere estranei.
Il pubblico è veramente prossimo allo spazio scenico, due ali di spettatori ogni sera incombono su quello attoriale in una arena che si sviluppa longitudinalmente e parallelamente sono posti pubblico e attori. Pareti abbattute tra chi è in scena e chi ne è fuori.
Dalle dichiarazioni dell’Odin Teatret, questo sarà l’ultimo spettacolo, quindi va assolutamente visto, ma noi auspichiamo che Eugenio Barba e la compagnia ci ripensino e non ci privino di nuove e straordinarie sorprese.
Foto di Roberto Cavallini
Barbara Lalle

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