Il Museo Cappella Sansevero e la storia del Cristo Velato

Come un prezioso segreto custodito dagli sguardi indiscreti, il Museo Cappella Sansevero si erge nel centro di Napoli, come se fosse il suo cuore pulsante, e lo scrigno delle meraviglie si apre solo davanti agli occhi di chi sceglie di entrare ad ammirare una delle opere più note e suggestive di tutto il mondo.

Posto al centro della navata della Cappella, il Cristo Velato accoglie i visitatori con tutta la sua bellezza indescrivibile perché sì, un’opera così non può essere raccontata, ma solo contemplata. Commissionata ad Antonio Corradini, la scultura non fu mai terminata dall’artista che morì nel 1752, del suo progetto originario resta solo un piccolo bozzo in terracotta conservato al Museo di San Martino.

Fu allora che Raimondo di Sangro commissionò il termine dell’opera a un giovane artista napoletano: Giuseppe Sanmartino. L’obiettivo era quello di scolpire a grandezza naturale una statua di Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente. 

L’artista napoletano, però, non tenne affatto conto del precedente bozzetto dello scultore veneto e pose tutto il drammaticismo nel movimento e nei palpiti percettibili del sudario. La sensibilità di Sanmartino consente all’artista di realizzare un’opera senza eguali: il velo si poggia delicatamente sul corpo martoriato e senza vita risolvono un’evocazione drammatica della sofferenza di Cristo e dell’intera umanità.

La fama di alchimista e audace ricercatore di Raimondo di Sangro ha fatto fiorire numerose leggende, una di queste riguarda anche il velo del Cristo di Sanmartino. Da secoli, infatti, davanti all’incredulità e alla bellezza del velo, in molti pensano che il risultato finale sia frutto di un processo alchemico dello stesso principe.

Nonostante sia stato dimostrato che, l’apparente veridicità dell’opera, sia frutto esclusivo della bravura dell’artista, l’alone di mistero che avvolge il principe di Sansevero continua ad aleggiare anche nella scultura del Cristo Velato.

E un’opera così grandiosa non poteva che essere collocata all’interno di una struttura altrettanto significativa per bellezza e maestosità. La Cappella SanSevero, infatti, è simbolo di fasto settecentesco arricchito soprattutto dal settimo principe di Sansevero che decise di ampliare a arricchire quello che era già il tempio di Raimondo di Sangro.

Pittori e scultori rinomati arrivarono a Napoli per compiere un’opera grandiosa, trasformare la Cappella in un tempio maestoso con opere di altissimo livello senza intaccare la primitiva struttura. Sono quelli gli anni in cui fioriscono opere come la Gloria del Paradiso, la Pudicizia e le altre Statue delle Virtù e il Cristo Velato, per l’appunto.

Tutto quello che riguarda oggi la Cappella Sansevero, o quasi, è attribuibile alla complessa, cosmopolita, geniale ed eclettica personalità del principe committente. Raimondo di Sangro fu un generoso mecenate appassionato di massoneria, ma era anche un uomo molto esigente che dai suoi artisti pretendeva il massimo, non solo nell’esecuzione, ma anche nella visione. Ecco perché la Cappella rappresenta un unicum rispetto a tutti gli altri monumenti artistici del nostro Paese ed è bellissima.

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