Quante volte ci è capitato di leggere, e commentare con un sorriso, delle sedute di alcuni parlamenti di paesi lontani, in Indonesia, o meno lontani ( repubbliche baltiche), dove il dibattito democratico si trasformava in rissa, non solo verbale, con intervento finale delle forze dell’ordine e la conta inevitabile dei feriti. Siamo sempre stati abituati a considerare il Parlamento un luogo quasi sacro, il tempio della democrazia e del dibattito politico, ma anche l’esaltazione della solennità e del rispetto degli avversari di estrazione ideologica diversa. Nessuno poteva pensare che i giovani esponenti del M5S, eletti da un italiano su quattro, avrebbero trasformato la legittima ed incontestabile opposizione in una <<volgare e confusa bagarre>> con sistematico ricorso all’insulto e all’offesa personale. Sono volati pugni, abbiamo visto deputati insanguinati, abbiamo sentito insulti sessisti come in una normale rissa nei quartieri suburbani della capitale fra ubriachi o delinquenti. <<Questo proprio non lo possiamo permettere>> scrive un giornalista come Paolo Franchi sul Corriere della Sera e ribadisce il concetto Claudio Tito sulle colonne della Repubblica. Le ragioni della contestazione non ci interessano, né ci interessano i motivi dell’<<impeachment>> che è stato presentato nei confronti del Presidente della Repubblica. Ci teniamo, però, a che la strategia del caos e della violenza sia immediatamente abbandonata da questo gruppo di giovanotti che, finora, ha provocato solo confusione, senza veramente fornire al paese il contributo che il popolo che li ha votati pretendeva.