«Mi sembra che la maggioranza sia non solo compatta ma più compatta. Dovete cercare altre cose per far sì che non lo sia». Il ministro del Turismo Daniela Santanchè è pronta ad affrontare l’aula e ribadisce di voler chiarire la sua posizione in Parlamento, dopo l’inchiesta di Report sulla gestione delle sue società Ki Group e Visibilia. L’ipotesi di dimissioni non viene presa in considerazione. «Per cosa? Sia serio», dice rispondendo a una domanda in tal senso. «Risponderò su tutto, sono 23 anni che faccio politica, ci ho sempre messo la faccia. Non abbiate preoccupazioni e aspettate serenamente».
Se l’opposizione è pronta a sollevare il caso mediatico, la maggioranza ha già manifestato piena fiducia nei confronti del ministro, al netto di eventuali sviluppi giudiziari. Bisogna a questo punto stabilire le modalità dell’intervento, per il Pd la semplice informativa non sarebbe lo strumento migliore per fare chiarezza. «Nel Question Time ci può essere spazio per dare risposte più precise – dicono fonti dem – . C’è peraltro già il testo con le interrogazioni depositato e a prima firma Misiani». Nel documento, i democratici richiamano le notizie relative alle presunte irregolarità nella gestione delle aziende Visibilia e Ki Group, per arrivare a chiedere al governo «quali iniziative urgenti intenda adottare» anche per «tutelare i lavoratori delle società e sanzionare i comportamenti scorretti delle due società nei confronti dei loro dipendenti».
La richiesta di riferire arriva anche da Elly Schlein. «Aspettiamo la Santanchè in aula, può un ministro avere un debito con lo Stato? Una mozione di sfiducia? Un passo alla volta, ascoltiamo cosa ha da dire. Fa piacere che con noi a chiederlo ci siano anche arrivati Lega, FI e, con estremo ritardo, la Meloni». Chi invece passa direttamente alla richiesta di lasciare il ministero è Nicola Fratoianni, con tanto di petizione.
Non solo contributi pensionistici non versati, mancati pagamenti ai giornalisti e cause ancora pendenti. Come accaduto per la società di prodotti biologici Ki Group, su cui la procura di Milano ha aperto un’indagine per ora senza indagati né ipotesi di reato, anche la storia di un’altra realtà della galassia Visibilia, la rivista “Pc professionale”, racconta di impegni non mantenuti dall’allora editore Daniela Santanchè. E di un declino che parte proprio quando il giornale viene rilevato, insieme ad altre testate, dalla ministra di FdI.
Lo spartiacque è l’aprile 2014, quando Mondadori cede il ramo d’azienda all’attuale ministro del Turismo. Ecco i tagli, la riduzione delle pagine, i contratti di solidarietà. «Fino alle telefonate in cui Santanchè in persona chiamava i dipendenti che aspettavano da mesi i bonifici – racconta uno storico collaboratore della rivista –. Diceva che dovevamo accettare di avere meno per il bene del mensile».
In realtà, racconta un altro giornalista con ruoli direttivi, «la testata si è impoverita, senza più firme di pregio né investimenti, e con gli abbonati che si lamentavano per il prodotto sempre più scarno. Io stesso ho smesso di cercare collaboratori quando ho capito che non sarebbero stati pagati».
Poi nel maggio 2022, il licenziamento di tutta la redazione – ormai quattro giornalisti – e l’appalto a un service. «Ho scoperto così che i contributi del mio tfr non erano stati versati per anni. Ora avanzo 25mila euro non bonificati al fondo».
Un altro collaboratore di lungo corso è oggi in causa con Visibilia e – come altri – chiede l’anonimato. «Con un avvocato sto cercando di recuperare i soldi che mi devono. Il ministro Santanchè non mi ha pagato i contributi di tre anni, dal 2018 al 2020, quando avevo un contratto co.co.pro. Lo stipendio arrivava tutti i mesi, e ho sempre dato per scontato che i contributi venissero versati all’Inps. Poi nel 2022 il contratto non mi viene rinnovato e all’Inps non risulta nemmeno un mese di contributi, così mi hanno bocciato la richiesta di disoccupazione. Un danno di seimila euro, oltre ai contributi non versati. Per il 2019 e 2020 poi Visibilia ha pagato, ma ormai avevo perso il sussidio. Manca ancora il 2018. E ho fatture non pagate del 2022 per 2300 euro. Anche per queste farò causa. I miei contratti sono firmati pagina per pagina da Daniela Santanchè».
Da ventidue anni a creare contenuti, un altro collega ricorda proprio le telefonate ricevute da Santanchè. «Avevo già il compenso dimezzato, e lei voleva lo sconto sullo sconto. Dal 2014 i soldi arrivavano due o tre volte all’anno. Il gioco era accumulare tonnellate di pregresso e poi arrivare a non pagare. Nel 2019 erano in ritardo di un anno e mezzo, e arrivò la telefonata. Mi chiese uno sconto tra il 30 e 40%. Gli dissi che non accettavo, ottenni di ridurre al 20%. Lei sembrava delusa. Ora sono in causa per 12mila euro».
Fratelli d’Italia difende con fermezza l’operato del ministro. È Andrea Volpi, componente della Commissione Lavoro, a sottolineare che «la sinistra invece di occuparsi del Dl Lavoro ha preferito trasformare la Commissione in un tribunale politico contro il ministro. Dopo aver chiesto le dimissioni di mezzo governo e Parlamento, di Donzelli, Delmastro, La Russa, Montaruli, Crosetto e tantissimi altri, ora è la volta del Ministro del Turismo il cui processo mediatico e politico annebbia così tanto la mente delle opposizioni da autoboicottare le loro stesse proposte in Commissione per portare avanti una polemica montata su un caso giornalistico. Tra l’altro – aggiunge – mi sento di consigliare ai colleghi di non essere eccessivamente tranchant sulla questione almeno finché non si saranno espresse le autorità competenti, perché le prediche sono giunte da pulpiti poco credibili».
Un attestato di fiducia pronunciato con toni perentori arriva da Matteo Salvini: «Io mi fido dei miei colleghi con cui lavoro in Consiglio dei Ministri e non è un articolo di giornale o una trasmissione televisiva farmi cambiare idea. Anche perché, stando agli stessi articoli di giornali e alle stesse trasmissioni televisive, io avrei dovuto rubare non so quanti milioni di euro ed essere arrestato alcune decine di volte, tutto poi è finito nel nulla».