Il passo storico dell’intelligenza artificiale con l’AI Act, prima legge al mondo su questa nuova realtà tecnologica

Il Coreper, il Comitato dei rappresentati permanenti dell’Ue, ha  dato il via libera all’unanimità all’AI Act, la prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale. Dopo l’accordo politico raggiunto a dicembre e in vista dell’approvazione definitiva della legge che è attesa per aprile. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, che rivendicato ‘il contributo determinante dell’Italia e del governo Meloni’ su un tema che l’esecutivo ha messo anche al centro della presidenza italiana del G7. Butti: ‘Un momento storico per l’Ue. Fin da quando l’Ue ha iniziato a discutere di AI Act, l’Italia ha compreso l’importanza fondamentale di un quadro normativo chiaro e robusto per l’intelligenza artificiale’, ricorda Butti, sottolineando che ‘il nostro obiettivo è stato quello di garantire che tutte le applicazioni di Ia, inclusi i modelli generativi all’avanguardia, operassero all’interno di un sistema di regole che fosse sia semplice che rigoroso, in grado di tutelare i diritti dei cittadini e promuovere l’innovazione responsabile’. Il sottosegretario ha spiegato che ‘l’iter che ha portato all’approvazione dell’AI Act è stato complesso e ha richiesto una negoziazione serrata tra gli Stati membri. L’Italia ha sempre sottolineato la necessità di un approccio strutturato che prevedesse norme chiare e sanzioni per le violazioni e non semplici codici di autocondotta. Grazie alla nostra diplomazia e alla capacità di dialogo con gli altri Paesi membri, in particolare con Francia e Germania, siamo riusciti a superare le divergenze, mantenendo una linea coerente con la posizione espressa fin dall’inizio per costruire un consenso attorno a una posizione che salvaguardasse gli interessi di sicurezza, ordine pubblico e le prerogative delle forze dell’ordine.  Fra i paletti posti dalla legge anche quelli cruciali contro i deep fake e i contenuti manipolativi’. Va bene, l’intelligenza artificiale è cosa buona, bella e giusta, ma è doveroso porsi un quesito prioritario, prima ancora descriverne le peculiarità: ‘Che impatto avrà con le ‘intelligenze naturali?’, leggi intelligenze umane. Che impatto avrà l’IA con il mondo del lavoro ‘umano? ’Mi preme ricordare che il 91% dei consumatori italiani è preoccupato per la propria condizione economica e l’81% è preoccupato in maniera più ampia per l’economia del Paese a seguito dell’incertezza geopolitica ed economica che ha colpito a livello globale.  Tra le preoccupazioni maggiori degli intervistati troviamo per il 75% l’aumento dei prezzi di elettricità, gas e acqua, e per il 73% l’incremento dei prezzi di beni alimentari e i carburanti; seguono al secondo posto i temi legati alla salute, il 62% ritiene che i costi per accedere ad una sanità di qualità siano troppo alti. Dopo il fattore economico-finanziario, al secondo posto tra le priorità dei consumatori troviamo la salute fisica e mentale. Lo stress legato alla situazione economica e le preoccupazioni rispetto allo scenario internazionale inducono ad una maggiore attenzione delle persone verso la propria salute personale, con conseguente richiesta di cibi più salutari. Il 67% degli italiani dichiara che sarà più consapevole e cauto rispetto alla propria salute mentale, monitorandone lo stato tramite app o dispositivi smart (43% dei rispondenti). Allo stesso tempo però la crescente dipendenza dalla tecnologia per la gestione della salute sta anche portando ulteriore stress, a causa del tempo prolungato trascorso davanti allo schermo che genera una paura continua di perdersi qualcosa. Per rimediare il 31% dichiara di limitare le notifiche sui dispositivi per determinati periodi di tempo, e il 20% ha rimosso le app dei social media dal proprio telefono. ‘Allo stesso tempo  la crescente dipendenza dalla tecnologia sta portando ulteriore stress…’. L’intelligenza artificiale (in sigla IA è una disciplina che studia come realizzare sistemi informatici in grado di simulare il pensiero umano. L’etica dell’intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi e Stephen Hawking nel 2014 ha messo in guardia riguardo ai pericoli dell’intelligenza artificiale, considerandola una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità. Partendo dalla premessa per cui i governi devono garantire l’impiego dell’intelligenza artificiale nel massimo rispetto dell’etica, nell’aprile del 2019, l’Unione Europea ha elaborato il suo codice etico, che contiene le linee guida su utilizzo e sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale. Il documento, che è stato predisposto da un gruppo di 52 esperti, rappresentati da informatici, ingegneri ma anche giuristi, filosofi, industriali, matematici, ha avuto un iter lungo e varie fasi di approfondimento. Il punto di partenza dell’intero documento, e di tutti i principi giuridici che ne sono scaturiti, è che l’intelligenza artificiale deve avere l’uomo al centro e deve essere al servizio del bene comune per migliorare il benessere e garantire la libertà. Per prima cosa, il gruppo di esperti ha identificato le fondamenta giuridiche sulle quali il codice dovesse poggiare ricercandole nei Trattati UE, nella Carta dei Diritti e nella legge internazionale dei Diritti Umani. Tuttavia, un’elevata esposizione all’IA non significa necessariamente che i posti di lavoro o le professioni ad essi legati siano destinati a sparire. Sebbene le capacità dell’IA si siano notevolmente ampliate, la loro adozione crea ancora molti problemi e non vi è dubbio che molte mansioni legate a questi lavori richiedano oggi, e in un futuro prossimo, l’intervento di lavoratori. Quindi, molto dell’impatto dell’IA sul lavoro prenderà probabilmente la forma di una riorganizzazione delle mansioni all’interno di varie professioni, con alcuni lavoratori coadiuvati nel loro lavoro dall’intelligenza artificiale, piuttosto che sostituiti dall’algoritmo. Ci sono preoccupazioni per il più ampio impatto che l’automazione e l’intelligenza artificiale possono avere sulla qualità dei posti di lavoro e sull’ambiente di lavoro. Alcune delle stesse funzionalità che rendono gli algoritmi di intelligenza artificiale così potenti possono anche comportare rischi per la qualità dell’ambiente di lavoro. Nei processi di reclutamento del personale l’IA può rendere i processi più veloci, più economici e più approfonditi. L’IA viene anche presentata come uno strumento per aiutare i professionisti e i manager delle risorse umane a superare i loro pregiudizi individuali e utilizzare metriche più obiettive e neutre nel prendere decisioni.  In secondo luogo, ci sono preoccupazioni su come i dati raccolti dall’IA vengono utilizzati e interpretati dai datori di lavoro. I dati raccolti per monitorare le prestazioni dei lavoratori di un’impresa possono contenere informazioni personali sensibili, come informazioni sullo stato di salute di un lavoratore o sul suo benessere mentale, e portare a violazioni della privacy. Non è tra l’altro ovvio quali siano i diritti dei lavoratori sui dati raccolti dai datori di lavoro e in che modo queste informazioni siano protette, specialmente con i sistemi di intelligenza artificiale. Un altro tipo di rischio è legato al fatto che l’utilizzo dell’IA possa comportare un aumento del carico di lavoro dei dipendenti. Esistono, ad esempio progetti brevettati per un braccialetto in grado di tracciare con precisione dove i dipendenti del magazzino stanno mettendo le mani e utilizzare le vibrazioni per spingerli in una direzione diversa mentre svolgono il loro lavoro. Se questi strumenti vengono portati all’estremo possono portare ad un carico eccessivo di lavoro ma soprattutto ad una perdita di autonomia e controllo sulle emozioni e benessere dei lavoratori, generando stress ma anche una possibile perdita di creatività e impegno. Rimangono molte domande legate allo sviluppo,  ma soprattutto all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, nei luoghi di lavoro. Infine mi pongo il problema della ‘nota della lavandaia’: in che modo chi si adeguerà all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che avrà costi altissimi, e in che maniera, rientrerà nei costi di investimento? Con tagli del personale? Con assunzioni ridotte ed adatte all’avanzamento tecnologico? Ricordo che l’industria dell’intelligenza artificiale raggiunse nel 1988 una cifra dell’ordine di miliardi di dollari, includendo centinaia di aziende che stavano creando sistemi esperti, robot e software e hardware specializzati in questi settori. Parliamo di costi altissimi di investimento.  In conclusione, in vista del voto finale per l’approvazione definitiva della legge, che  ora prevede il voto di Commissione in Parlamento, previsto per il 13 febbraio, seguito dal voto in plenaria del 24 aprile, seguito da un passaggio in Consiglio, non ci resta che restare in attesa dei prossimi sviluppi decisionali.

Andrea Viscardi

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