La Camera, come noto, ha approvato definitivamente, con 199 si e 102 no, il ddl Nordio che abolisce l’abuso di ufficio, limita le intercettazioni evitandone l’abuso, riforma la custodia cautelare che ora dovrà essere decisa da una composizione collegiale e non più monocratica. Vince il “campo giusto”, perché Italia Viva ed Azione votano con la maggioranza staccandosi da una sinistra radicale e forcaiola.
Il provvedimento abroga il delitto di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 del codice penale, e modifica l’art. 346-bis c.p., che disciplina il reato di traffico di influenze illecite.
Sulle intercettazioni si rafforza la tutela della libertà e della segretezza delle comunicazioni del difensore, estendendo il divieto di acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria ad ogni altra forma di comunicazione, diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l’imputato ed il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato introducendo, contestualmente, l’obbligo per l’autorità giudiziaria o per gli organi ausiliari delegati di interrompere immediatamente le operazioni di intercettazione, quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientrano tra quelle vietate.
Con la riforma si esclude il potere del pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p. Si tratta di quei procedimenti di rinvio a giudizio diretto che prevedono una pena fino a 4 anni. In questo caso, con l’assoluzione di primo grado si chiude il processo.
Importante la riforma dell’istituto della custodia cautelare: da oggi sarà obbligatorio l’interrogatorio preventivo della persona per cui vige richiesta di arresto e non sarà più un giudice monocratico a decidere ma un tribunale collegiale composto da tre togati.
Il Pd ha votato no alla riforma Nordio. Il Pd che difende i suoi esponenti quando sono indagati e chiede la forca per gli avversari, aveva chiesto, attraverso tanti sindaci, l’abolizione dell’abuso di ufficio ed ha avuto casi eclatanti di personalità di primo livello sospese e addirittura mandate al confino per un reato contorto e difficile da dimostrare.
Giuseppe Falcomatà, sindaco della città metropolitana di Reggio Calabria, è uno degli esponenti di spicco del partito della Schlein vittima delle forche caudine dell’abuso d’ufficio.
Il 2021 Falcomatà viene condannato per abuso d’ufficio e scattano le conseguenze della legge Severino. La condanna viene confermata in Corte d’appello. Solo nell’ottobre del 2023 la Cassazione annullerà tutto assolvendo il primo cittadino reggino che, però, in virtù di un reato oggi abolito, per ben 24 mesi è rimasto sospeso, non potendo esercitare le funzioni assegnategli dalla sovranità popolare.
Ancora più clamoroso il caso di Gerardo Mario Oliverio. Proveniente dal Pci, deputato dal 1992 al 2006, il 2014 viene eletto presidente della Regione Calabria. Quattro anni dopo, per un’inchiesta della procura di Catanzaro proprio su un abuso di ufficio, viene incredibilmente mandato al confino nella sua residenza di San Giovanni in Fiore e impossibilitato di fatto ad esercitare la sua funzione. La Cassazione annullerà successivamente il provvedimento ritenendolo completamente infondato.
Su questi due casi il Partito Democratico è rimasto in silenzio, salvo difendere il solo Falcomatà (Oliverio ormai vota Avs) ad assoluzione avvenuta. Per loro c’è la presunzione di colpevolezza, eredità culturale sovietica che fanno fatica a rimuovere.