‘Il pensiero presente. Omaggio a Giulio Giorello’, a cura di Roberta Pelachin Giorello, edito da La nave di Teseo

Una personalità davvero unica, prematuramente scomparsa per Covid nel triste anno della pandemia. È quella che emerge dalla lettura dei ricordi di chi ha conosciuto e frequentato Giulio Giorello, filosofo della scienza, intellettuale tout court: colleghi ma anche allievi, amici e collaboratori, raccolti in memoriam in un libro curato dalla moglie.

Il ritratto di «un essere umano straordinario», «uno dei più raffinati e originali intellettuali vissuti a cavallo tra il Ventesimo e Ventunesimo secolo», secondo le parole di Massimo Donà, «capace di muoversi, con la massima disinvoltura dal fumetto (in particolare le saghe Disney e le avventure per lui intrinsecamente filosofiche di Tex Willer) alla meccanica quantistica. Di commentare i versi di Milton o la prosa di Joyce, allo stesso modo in cui avrebbe potuto analizzare i saggi di Feyerabend o quelli di Popper. Studioso di Bruno e Spinoza, ma nello stesso tempo cultore della saga di Gilgameš. Amante tanto di John Stuart Mill quanto di Andrea Emo. Filosofo della scienza, matematico, ma grande estimatore della metafisica severiniana, che si trovava a suo agio tanto con la successione di Fibonacci quanto con la storia irlandese. Un vero e proprio pozzo di conoscenza, un’intelligenza sempre acuta e vivace, personalità davvero unica e irripetibile nel panorama della cultura italiana (e non solo)».

Struggenti sono le parole di Edoardo Boncinelli, orfano dell’amico Giulio, nel suo contributo “Dove sei adesso, amico mio?”: «Non so dove sei, perché non lo so e perché non credo a chi lo sa. Ma ci sei, sono sicuro. Sotto che forma e con quali prerogative non lo so, ma non può essere sparito tutto. Non può essere sparita la tua carica, per non parlare dell’entusiasmo, dell’impegno e del buon senso che mettevi nelle tue cose. […] In mancanza di indicazioni, sono stato sulle stelle e nelle stalle, sapendo che tu non disdegnavi nulla, ma non ti ho trovato. Forse non sei più un tutt’uno, ma una costellazione di atomi o di omeomerie. O magari di Monadi, ma sempre Unico. Di tachioni, di spinori o di correnti gravitazionali […] sempre con le Stringhe slacciate e ciondoloni.»

Illuminano le parole di Claudio Bonvecchio: «Giulio Giorello era un vero filosofo della scienza e non solo, in quanto le sue competenze erano molteplici: meccanica razionale, storia della matematica, storia della scienza, etica, politologia, solo per citarne alcune. Lo era non solo in quanto era stato allievo di un grande filosofo della scienza come Ludovico Geymonat, ma perché – ed è, a mio parere, communis opinio – aveva superato il maestro: come deve accadere per ogni allievo che diventa maestro e come auspicano i veri maestri.»

Si sommano così, in un toccante florilegio di ricordi, le testimonianze di Massimo Cacciari, Vittorio Sgarbi, Vittorio Feltri, Umberto Bottazzini, Nuccio Ordine, Dario Antiseri, Elisabetta Sgarbi e moltissimi altri. Un vuoto incolmabile che la gioia di averlo conosciuto addolcisce solo in minima parte. Ammette Boncinelli, «potrei forse soltanto chiedere a Dante dove ti ha sistemato…»

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