Nelle prossime settimane entrerà nel vivo la discussione in sede europea dell’allocazione alle varie azioni politiche delle risorse finanziarie dell’Unione per il periodo 2021-2028. In questa procedura è auspicabile che l’Italia possa essere presente almeno con un Governo che abbia l’autorevolezza di un Esecutivo ‘fiduciato’ dal Parlamento.
Intanto nel prossimo mese di giugno vi sarà un incontro tra la Cancelliera Merkel ed il Presidente Macron per una prima discussione del progetto presentato dalla Commissione in materia di riforma del ‘patto di stabilità e crescita’ e per il completamento del riassetto bancario. Il relativo negoziato, presumibilmente lungo e difficile, proseguirà poi nel corso dell’anno, per concludersi con una riforma dell’intelaiatura generale dell’Eurozona, da sottoporre all’approvazione del Parlamento Europeo.
Il contributo dell’Italia a questo negoziato è essenziale, non solo per i nostri legittimi interessi, ma anche per l’equilibrio tra i vari Paesi relativamente agli accordi che ne scaturiranno. Certamente non saremo assenti in questa procedura, come sarà per l’incontro Macron-Merkel di fine giugno, ma rischiamo di avere un peso marginale a causa della posizione ‘euroscettica’, e finora quanto mai ondivaga, assunta dal 70% delle forze politiche uscite dalle elezioni del 5 marzo.
La tendenza ad escludere il nostro Paese dai lavori preparatori di questo negoziato non è proprio recente: già negli ultimi mesi dell’anno passato, un gruppo di lavoro composto di sette esperti tedeschi e sette esperti francesi (il cosiddetto Gruppo 7+7) ha elaborato un progetto concernente di riforma dei meccanismi e degli strumenti dell’Eurozona.
Le novità istituzionali del progetto, per sua natura complesso e articolato, possono essere così sintetizzate: a) istituzione di un Fondo monetario europeo (EMF) in sostituzione dell’attuale Fondo ‘salvastati’; b) completamento della riforma bancaria con la garanzia europea dei depositi; c) una complessa regolamentazione, non poco macchinosa, che ignora completamente la revisione dei parametri riguardanti il rientro del debito in eccesso, questione in cui il nostro Paese è fortemente interessato. In ogni caso, si tratta di trasformazioni ‘di superficie’, prive del ‘respiro politico’, che solo precisi orientamenti convergenti delle forze politiche dei vari Stati membri possono imprimere a trasformazioni epocali così importanti per il futuro dell’Unione.
Trovare un equilibrio qualificante nelle profonde trasformazioni in discorso richiederà una linea di compromesso tra gli orientamenti politici dei vari Paesi membri che sia in grado di recepire le esigenze emergenti dalle diverse impostazioni politiche.
Allo stato attuale, le forze politiche in campo sembrano indicare che le spinte verso riforme di grande respiro abbiano perso vigore. L’asse franco-tedesco, su cui si fondava il rafforzamento dell’Unione, sta tentando un rinvigorimento attraverso l’attività dei suoi leader, ma, considerata la situazione politica dei due paesi, non appare in grado di fare quel salto di qualità necessario ad un accordo soddisfacente per una riforma sostanziale di questa portata.
In realtà, le proposte di Macron hanno perso incisività anche all’interno della politica francese, tenuto conto della mai risolta posizione francese orientata alla costruzione di uno Stato Federale. E anche la proposta francese di un Ministro delle finanze dell’Eurozona con il compito di impostare e sovraintendere all’esecuzione del bilancio ha trovato tiepida accoglienza in Germania e a Bruxelles.
Per quanto riguarda la Germania, secondo la posizione di molti politici e dell’opinione pubblica in materia di riforme europee l’istituendo Fondo Monetario Europeo dovrebbe essere considerato come un’istituzione indipendente, analoga alla Banca Europea per gli Investimenti e alla Banca Centrale Europea; vale a dire in forme che escludano un ruolo preminente della Commissione Europea.
Se consideriamo il quadro delle difficoltà che impediscono di procedere con decisione verso una riforma solidale dell’Eurozona, lo spazio per riforme di grande portata appare assai limitato, mentre la posta in gioco resta molto alta e potrebbe interessare anche la sopravvivenza stessa dell’Unione. Malgrado ciò, non è affatto realistico indulgere al pessimismo, perché esistono anche elementi che inducono ad una ragionevole speranza. Intanto non è irrilevante la circostanza che ultimamente la Francia abbia invitato l’Italia e la Spagna ad associarsi strettamente al lavoro in corso con la Germania, onde arrestare l’indebolimento degli obiettivi qualificanti della riforma dell’Eurozona.
Come dicevamo ‘rischiamo di avere un peso marginale a causa della posizione ‘euroscettica’, e finora quanto mai ondivaga, assunta dal 70% delle forze politiche uscite dalle elezioni del 5 marzo’, problematica, a quanto pare, non ancora risolta visto che, a più di sessanta giorni dal 5 marzo, siamo privi di un premier, impegnati ancora nelle interlocuzioni.
‘Abbiamo aggiornato il Presidente della Repubblica su come stiano avanzando le varie interlocuzioni tra M5s e Lega su quello che è il contratto di governo. Sia io che Salvini siamo d’accordo sul fatto che nomi pubblicamente non ne facciamo. L’accordo di governo è il cuore di questo governo di cambiamento che siamo intenzionati a far partire il prima possibile’, dice il capo del M5s Luigi Di Maio, al termine del colloquio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Come mai ancora tanto tempo? In fondo è solo la prima consultazione che facciamo da quando c’è stato il via libera alla ricerca di un’intesa tra M5s e Lega, ha poi detto il leader M5s tornando nei suoi uffici alla Camera a chi gli chiedeva le ragioni del ritardo sui tempi attesi per le comunicazioni circa l’intesa.
Il contratto di governo ‘sul modello tedesco’, ha spiegato Di Maio nella conferenza stampa al Quirinale, mette dentro i punti programmatici delle due forze M5s e Lega. Noi lo sottoporremo ai nostri iscritti con un voto online che sarà chiamato a decidere se far partire questo governo con questo contratto o no.
Secondo il leader dei pentastellati, M5S è consapevole delle ‘scadenze internazionali’, ma chiede ‘qualche altro giorno’ perché si sta scrivendo il programma di governo per cinque anni. Sono molto orgoglioso delle interlocuzioni e soddisfatti del clima che si respira, ha proseguito Di Maio, ma soprattutto dei punti che si stanno portando a casa su temi come la legge Fornero, la lotta agli sprechi, la lotta alla corruzione, il carcere per chi evade, il fisco.
Ai colloqui al Quirinale ha partecipato la delegazione M5S, composta dal capo politico Luigi Di Maio e i capigruppo Giulia Grillo e Danilo Toninelli.
In precedenza c’è stato un incontro tra il segretario della Lega, Matteo Salvini, insieme con Giancarlo Giorgetti, con il leader M5S, Luigi Di Maio e Vincenzo Spadafora. Alla Camera inoltre il tavolo tecnico su il programma di governo. ‘C’è da lavorare ancora’, ha detto il leader del Carroccio arrivando alla Camera.
Resta ancora il nodo premier. Molti i nomi che circolano nelle ultime ore. Tra gli altri quello dell’economista Giulio Sapelli che aveva dato la sua disponibilità ma ha ricevuto lo stop di M5s. I nuovi colloqui del capo dello Stato dalle 16.30, prima riceve M5s, poi la Lega.
Non è Giulio Sapelli il nome del premier portato al Colle: a dirlo, interpellato dall’Ansa, il portavoce M5s. Anche fonti della Lega, interpellate al riguardo, non confermano che ci sia una indicazione per il professore di economia a Palazzo Chigi.