Il populismo e la sua insofferenza verso le autorità indipendenti

Lo Stato di diritto non si accompagna a chi ritiene che in virtù dei voti riportati, si possa fare ciò che si vuole.In altri termini non può esistere uno Stato di diritto che permette che il consenso elettorale si trasformi in legittimità, senza alcun controllo. Dalle urne escono i voti per eleggere il Parlamento e poi il Governo, non un dittatore. Ma qualcuno nella maggioranza che governa l’Italia, forse non l’ha ancora capito.E in tal senso il Capo dello Stato ha esternato tutte le sue preoccupazioni, ribadendo il ruolo e l’indipendenza della Banca d’Italia e del funzionamento del credito in generale. Nel promulgare la legge sulla costituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, ha ricordato la natura privatistica di questi enti e ha messo in guardia dal pericolo che la Commissione si possa sovrapporre alle autorità indipendenti, anche europee. Il Parlamento ha tutto il diritto di svolgere la propria inchiesta, ma solo per trarne indicazioni di carattere generale, ma sempre con la dovuta cautela.Il risparmio è materia delicata e garantito dalla Costituzione. Il credito è l’ossigeno di ogni sistema economico. Se lo si interrompesse di colpo, il Paese crollerebbe e i più deboli pagherebbero il prezzo più alto.Già da qualche parte della maggioranza si vede nella istituita Commissione una sorta di Tribunale di guerra, pronto a celebrare un processo sommario, per vendicare il popolo defraudato.Le conseguenze che ne deriverebbero sarebbero disastrose e si danneggerebbero anche gli operatori onesti e tanti piccoli risparmiatori. E sempre il Capo dello Stato ha raccomandato al Parlamento di nominare nella Commissione uomini tecnicamente preparati ed istituzionalmente equilibrati. Ma i Cinque Stelle pare che già abbiano fatto il nome del giacobino/giornalista/cantante, Gian Luigi Paragone. Dopo l’intervento del Quirinale, la prudenza e l’equilibrio diventano un obbligo. Si devono mettere da parte le bislacche e bizzarre idee circa l’oro della Banca d’Italia o della sua statalizzazione, anche perché l’istituto è già pubblico. Quale vantaggio ne trarrebbe il governo limitando l’indipendenza della sua Banca Centrale? Non farebbe altro che diminuire la sua credibilità sui mercati, già ridotta al lumicino. L’Indipendenza dell’Istituto di via Nazionale è stata sempre mal digerita nelle varie fasi, sia della Prima che della Seconda Repubblica. Quelli più avanti negli anni ricorderanno l’umiliazione a cui fu sottoposto Carlo Azeglio Ciampi, quando rivestiva la Carica di Governatore di Palazzo Koch, fu costretto a sostare per ore nei corridoi del Cicr ( Comitato per il credito e il risparmio), in attesa che i partiti si spartissero le poltrone delle Casse di risparmio e Banche popolari, che allora erano pubbliche. Questo ci aiuta a capire cosa abbia rappresentato l’indipendenza della Banca Centrale a difesa della nostra ancora giovane democrazia e soprattutto in questi giorni, tra i più bui della storia repubblicana.

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