Il Presidente della Repubblica a Fiesole per la conferenza ‘The state of the Union’

‘Più sicuri che nel dopoguerra, più liberi che nel dopoguerra, più benestanti che nel dopoguerra, rischiamo di apparire oggi privi di determinazione rispetto alle sfide che dobbiamo affrontare. E qualcuno, di fronte a un cammino che è divenuto gravoso, cede alla tentazione di cercare in formule ottocentesche la soluzione ai problemi degli anni 2000’, è il monito del capo dello Stato Sergio Mattarella alla conferenza ‘State of the Union’.

Bisogna riscoprire l’Europa, ha osservato, sottraendoci all’egemonia di particolarismi senza futuro e di una narrativa sovranista pronta a proporre soluzioni tanto seducenti quanto inattuabili, certa comunque di poterne addossare l’impraticabilità all’Unione.

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Nel turbamento del mondo  quanto apparirebbe necessario il ruolo di equilibrio svolto da un concerto di 27 Paesi, tanto si mostra ampio il divario tra l’essere e il dover essere di un’ampia comunità che trova la sua dimensione in uno spazio già condiviso. Mai, dunque, come oggi appare urgente unire.

La operosa solidarietà degli esordi sembra essersi trasformata in una stagnante indifferenza, in una sfiducia diffusasi, pervasivamente, a tutti i livelli, portando opinioni pubbliche, Governi, Istituzioni comuni, a diffidare, in misura crescente, l’uno dell’altro. Non possiamo ignorare questo stato di fatto, né sottacere quanto sia diffusa, fra i cittadini europei, la convinzione che il progetto comune abbia perso la sua capacità di poter realmente venire incontro alle aspettative crescenti di larghi strati della popolazione; e che non riesca più ad assicurare adeguatamente protezione, sicurezza, lavoro, crescita per i singoli e le comunità. Con una contraddizione singolare, che vede gonfiarsi, simultaneamente, le attese dei cittadini e lo scetticismo circa la capacità dell’Europa di corrispondervi.

Le parole del Capo dello Stato che richiamano alla necessità di considerare la dimensione europea come la sola in cui affrontare e risolvere i problemi degli Stati arrivano mentre alla Camera è in corso l’incontro tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini.  Come se Sergio Mattarella indicasse ai leader di Lega e 5 Stelle i paletti invalicabili di ogni esecutivo della Repubblica.

Si sa che i due leader hanno molto trattato sulla premiership e sui nomi per il Governo ma questa discussione ora coinvolgerà anche Sergio Mattarella. Come prevede la Costituzione, il capo dello Stato ha un ruolo nella nomina del presidente del Consiglio e dei ministri (art. 92) e questo ruolo lo farà pesare per chiarire la natura programmatica che avrà un Esecutivo a guida ‘populista’.

I nomi sotto osservazione, oltre la guida di Palazzo Chigi, sono quelli di Economia, Esteri, Interni: questi avranno un peso determinante e Mattarella non si limiterà a fare il notaio, firmando e basta. C’è da aspettarsi una serrata interlocuzione ma di questo i due leader sono già avvertiti. Lo sa bene Salvini che conosce il suo punto debole con le cancellerie internazionali e con gli Usa per le sue posizioni euro-scettiche, pro-Orban e filo-russe. E lo sa Di Maio che in poche settimane ha avuto una conversione europeista e atlantista, magari agevolata dal buon rapporto con il Quirinale.
Mattarella vorrà chiarire quale delle due linee emerse fin qui sarà quella che adotterà il nuovo Esecutivo e chi guiderà la Farnesina affiancando il premier nella politica estera. Ricorderà anche a entrambi l’art.117 della Carta primo comma: e cioè che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione nonché dei ‘vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali’. Questo cosa vuol dire? Che Salvini non troverà campo libero nemmeno su immigrazione e profughi, tanto più su conti e vincoli Ue.
Antonella Di Pietro

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