Storia dei Papi. Il primo papa di tutti i tempi si sa, è Pietro. Nome di battesimo Simone e primo apostolo di Gesù a cui affidò il suo popolo. La storia ci racconta che fu proprio Pietro a fondare la Chiesa, come gli aveva detto Cristo. Nei primi anni del cristianesimo, dopo la morte di Pietro, l’elezione del nuovo pontefice avveniva nell’assemblea dei cristiani di Roma, a volte su indicazione stessa del predecessore. Cosa che avvenne con l’elezione di del successore di Pietro, secondo la tradizione cattolica, Ci fu anche il caso di papa Fabiano che, secondo una tradizione tramandata, nel 236, venne eletto poiché durante l’assemblea una colomba si sarebbe posata sul suo capo, fatto che venne interpretato come segno della volontà divina. In seguito al diffondersi della nuova religione dal 336, su decisione di papa Marco, l’elezione fu riservata ai soli sacerdoti romani. Bisognerà attendere al 1059 con papa Niccolò che decise di affidare l’elezione del Santo Pontefice solo ai cardinali vescovi. Nel 1179 fu papa Alessandro IIl a stabilire che dovesse decidere l’intero collegio cardinalizio. Era comunque sempre possibile l’elezione anche di semplici maschi battezzati.
Riassumendo quelle che sono state le tappe delle elezione dei Papi nel corso della storia. Possiamo ricordare che nel III e IV secolo il papa è eletto dal collegio dei sette diaconi; poi su designazione del clero e del popolo romano, con ratifica dei vescovi suburbicari della provincia. Con Giustiniano (527-565) ci fu la sottomissione per l’elezione del papa all’approvazione imperiale. In seguito il papa è eletto dal clero e dal popolo romano sotto il controllo del potere civile o della pressione di fazioni politiche. Nicola II nel 1059 con la bolla In Nomine Domini riservò l’elezione ai soli cardinali vescovi. Nel 1179 Alessandro III estese l’elezione a tutti i cardinali; (Canone Licet de evitanda discordia del concilio Lateranense III) l’eletto doveva raccogliere i 2/3 dei voti. Per parlare di conclave dobbiamo giungere all’elezione di papa Gregorio X che memore di quanto accaduto a Viterbo, durante la sua elezione – promulgò la Costituzione apostolica Ubi Periculum nel corso del Concilo di Leone II del 1274. In sintesi si stabiliva che i cardinali elettori, ciascuno con un solo accompagnatore, dieci giorni dopo la morte del papa, si riunissero in una grande sala del palazzo ove risiedeva il papa defunto e fossero lì segregati; qualora dopo tre giorni non fosse avvenuta l’elezione, ai cardinali sarebbe stato ridotto il vitto ad una sola portata per pasto; dopo altri cinque giorni il vitto sarebbe stato ulteriormente ridotto a pane, vino ed acqua; inoltre, durante tutto il periodo della Sede vacante le rendite ecclesiastiche dei porporati erano trasferite nelle mani del Camerlengo, che le avrebbe poi messe a disposizione del nuovo papa. La Ubi Periculum venne sospesa da papa Adriano V nel 1276, su richiesta di alcuni cardinali e quindi addirittura revocata da papa Giovanni XXI nel settembre dello stesso anno, con la costituzione Licet felicis recordationis, salvo essere ripristinata quasi completamente da papa Celestino V con la bolla Ouia in futurum del 1294, successivamente inserita integralmente da papa Bonifacio VIII bel codice di Diritto Canonico del 1298. Per le riforme si dovrà attendere al 1621/23 quando Gregorio XV rinnovò le Costituzioni per l’elezione pontificia, in balia dei tre grandi stati cattolici di allora ribadendo la clausura e la maggioranza dei due terzi; il voto doveva essere segreto. Ma le grandi potenze cattoliche continuavano ad intromettersi con il diritto di veto, che venne abolito da Papa Pio X con la Costituzione Commissum nobis del 20 gennaio 1904. Dal 1970, con il compimento dell’ottantesimo anno di età, i cardinali perdono il diritto di eleggere il Romano Pontefice e quindi anche il diritto di entrare in conclave voluto da Papa VI. Le modifiche più consistenti nella normativa per il conclave sono state effettuate da Paolo VI nel 1970/1975, che hanno escluso dal conclave i cardinali ultraottantenni e fissato in 120 il numero dei componenti del collegio elettorale.
Per finire a Giovanni Paolo II con la Universi Dominici Gregis nel 1996 che pur confermando le modalità essenziali in vigore, ha stabilito un nuovo luogo per i cardinali in clausura nella Dominus Sanctae Marthae sempre in Vaticano; ha, inoltre, eliminato le possibilità dell’elezione per acclamazione e per compromesso (ormai comunque in disuso da alcuni secoli) ed ha recuperato, infine, il ruolo dei cardinali che hanno già compiuto ottant’anni: la loro funzione, però, è semplicemente spirituale. Partecipano, infatti, solo alle fasi preliminari dell’elezione e guidano le preghiere della Chiesa Universale. L’ultimo papa Benedetto XVI con il Motu proprio De Aliquibus Mutationibus, emesso nel 2007, ha stabilito che la maggioranza dei voti per l’elezione del Papa deve essere pari ai 2/3 dei votanti per tutti gli scrutini e che a partire dal 34º scrutinio (o 35° se si era votato anche il giorno di apertura del Conclave) si procederà al ballottaggio, ma sempre con maggioranza di almeno i 2/3 dei votanti, tra i due cardinali più votati all’ultimo scrutinio; questi però perdono entrambi il diritto di voto. Si è così corretta una norma sancita da Papa Giovanni Paolo II, ma già dichiarata possibile in passato da papa Paolo VI, che prevedeva una riduzione del quorum alla maggioranza assoluta a partire dal 34º o 35º scrutinio, qualora ci fosse stato su tale modo di procedere il consenso dei Cardinali elettori.