Il risultato delle elezioni britanniche rendono ancora più incerto il futuro dell’UE

L’inatteso successo del Premier uscente, Cameron, rende euforici i mercati finanziari, per lo scampato pericolo di un fragile governo di coalizione.

La reazione positiva nell’immediato dei mercati finanziari, alla vittoria dei conservatori inglesi, non riflette il rischio che a lungo termine una Gran Bretagna divisa comporta per l’Europa. I conservatori hanno ottenuto la maggioranza, ma il loro elettorato è rimasto sostanzialmente lo stesso, come anche quello laburista. Al contrario il partito anti UE, di Farage, aumenta del 10% e diventa la terza forza politica del Paese. In Scozia invece, grande successo del partito di Sturgeon, che con un programma non dissimile da quello dei  laburisti inglesi, su temi economici e sociali, vince sui due fronti, quello di separarsi dall’Inghilterra e rimanere nell’Unione Europea. Quello che emerge dal voto, quindi, è che i partiti tradizionali non riescono più a raccogliere le istanze dell’elettorato che vogliono cambiamenti radicali. Da ciò emerge un quadro politico in seno all’UE molto confuso, da un lato la questione greca con il pericolo di un imminente default, dall’altro i referendum in Gran Bretagna, separazione della Scozia dall’Inghilterra, uscita di quest’ultima dal’UE. Il voto britannico suggerisce un aggravarsi dell’intreccio tra rischio politico e rischio economico e mette in risalto un tema generale. Quanto più i problemi delle nostre economie richiedono risposte globali e quindi strumenti d’intervento coordinati tra più nazioni oltre che la costruzione di istituzioni politiche che ne rendano possibile la governabilità, tanto più i cittadini esprimono esigenze opposte, di diffidenza verso governi troppo lontani dalle esigenze locali e, quindi, non in grado di recepirne le istanze. E questo è uno dei punti centrali su cui le istituzioni dell’UE devono riflettere, perché dopo una crisi finanziaria e la crisi del debito sovrano, siamo entrando nel pieno di una crisi politica, Non si farà mai l’Europa senza un processo democratico che accompagna l’integrazione fra i Paesi e senza la condivisione con i cittadini di questo processo. Ma in un’Europa a due velocità, di ricchi e di poveri, di creditori e debitori, è difficile individuare chi sarà in grado di prendere la leadership di questo processo.

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