‘Il salotto di Marcia Sedoc’ incontra Alfred Ejlli

Alfred Ejlli è nato a Scutari (Albania) il 27 agosto 1987. Ha conseguito la prima laurea in Psicologia presso la facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università ‘Luigj Gurakuqi’ di Scutari. Ha insegnato presso il liceo ‘Jordan Misja’ di Scutari e il liceo ‘Petro Nini Luarasi’ di Tirana. Ha proseguito gli studi nell’ambito della Psicologia, conseguendo nel 2009-2010 il Master in Consulenza Psicologica presso l’Università di Scienze Sociali di Tirana. Nel 2010 si è trasferito in Italia dove ha conseguito il Master in Formazione interculturale e linguistica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel 2013 ha conseguito la laurea magistrale in Psicologia Clinica e interventi sulla comunità, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ha lavorato come educatore sia in Albania, durante i suoi studi, sia in Italia, dove ha svolto lavori con adolescenti (educatore/assistente psicologo). Ha svolto tirocini vari nell’ambito della riabilitazione psico-sociale in strutture ospedaliere e centri di cura della salute mentale tra Milano e Verona. Attualmente, frequenta la Scuola di Specializzazione in Psicodramma a Milano. Ha fatto anche l’attore e regista in Italia e Albania.

Ciao Alfred, mi parli del tuo arrivo in Italia?

Sono nato a Scutari (Albania) il  27 agosto 1987. Avevo quattro anni quando le imbarcazioni di ogni tipo cercavano le raggiungere le coste pugliesi;  mio fratello era su una di queste. Sono cresciuto nel clima confuso e violento del post-comunismo ma, fortunatamente, la mia famiglia mi ha permesso di studiare e di conseguire la prima laurea in Psicologia presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università ‘Luigi Gurakuqi’ di Scutari, titolo che mi ha permesso poi di insegnare presso due licei (Scutari e Tirana). Il mio interesse per la psicologia mi ha portato quindi a proseguire con un Master di Consulenza Psicologica presso l’Università di Scienze Sociali di Tirana. Nel 2010 poi l’evento che ha segnato la svolta fondamentale della mia vita: il mio arrivo in Italia per accompagnare ed  assistere mia madre per  un importante intervento chirurgico. Nello stesso anno  ho conseguito il Master in Formazione Interculturale e linguistica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, acquisendo poi  nel 2013 la Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e interventi sulla comunità presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel frattempo lavoravo come educatore, sia in Albania che in Italia. Attualmente sto frequentando la Scuola di Specializzazione in Psicodramma a Milano.

Credo che le tue attività non si fermino qui.

Oltre agli studi,  grandi  passioni  della mia vita sono state la danza ed il teatro. Ho fatto anche l’attore e il regista, oltreché il modello.  La mia vita personale e la mia produzione artistica sono strettamente intrecciate.

So che è stata significativa per la tua formazione personale e spirituale l’esperienza che hai vissuto assistendo tua madre in ospedale. 

Dall’esperienza di assistenza  di mia madre in ospedale nasce la mostra ‘Il distacco impossibile’ che ho presentato 6 anni dopo per la prima volta a Verona ( Sala Birolli, 23.3/31.3.16). Ho scelto la fotografia per dare forma a livello visivo ad una realtà. Mi  sono messo a nudo perché si trattava di  un vissuto personale.  Mi sono spogliato davanti alla macchina fotografica e mi sono avvolto in una membrana trasparente  (che vuole simbolizzare il sacco amniotico)  bagnata,   per far sentire nel mio corpo questa ‘epidermide’  appiccicata alla mia pelle. Nel ricostruire questo processo di nascita ho avuto la possibilità di vivere un’emozione forte: avvolto da adulto nel sacco amniotico, dal quale cercavo di uscire. La metafora è di un adulto che deve trovare la forza  di aprire il proprio mondo al mondo.

Hai anche scritto un libro che si chiama ‘Ciò che conta’ che parla di problematiche molto sentite.

Il libro che ho pubblicato lo scorso anno con Talos Edizioni ‘Ciò che conta’  riguarda le relazioni fra le generazioni della famiglia transnazionale fra Italia e Albania: è un tema che tocca  la mia esperienza personale e quella di molte altri  miei connazionali. Così come il lavoro di mediatore culturale. Un film  che sta per uscire (Progetto Sprar e CIR Verona )  ‘Who am I’  consiste in una presentazione delle realtà vissute e raccontante dai richiedenti asilo attualmente a Verona, dove vivo, e di italiani sull’accoglienza a loro riservata.

Quanto è importante per te l’immagine come elemento espressivo?

Mi esprimo soprattutto con l’immagine perché è un aspetto che ho percorso da sempre; l’esigenza fondamentale ora  è quella,   attraverso l’accettazione della mia storia,  di riflettere su  ciò che ho voluto farne,  per poter  raccogliere il senso. Mi rendo conto che la mia immagine, come la percepisco ora, è cambiata molto dalla fototessera di quando sono arrivato in Italia. Sono partito da piccolino attorniato da molte persone che mi guardavano e  dicevano che ero bello,  ed io, per questo,  ero stressato. Mi chiedevo: perché mi guardi? Le foto  sono importanti perché esprimono un momento, la storia, le emozioni. Sono passato dalla danza, al teatro, alla moda come uomo oggetto di prodotti da vendere,  per arrivare a  farmi fotografare nudo dentro una pellicola trasparente per rappresentare la nascita . E’ stato il raggiungimento della ‘mia’ immagine:  questo sono io. E’ la modalità sana dell’immagine; non più mercato,  ma  l’espressione di ciò che sento: ora per me gli occhi sono il contatto con la persona.

Marcia Sedoc

 

 

 

 

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