Fred Kuwornu è un regista e attivista italo-ghanese, noto soprattutto per i suoi documentari ‘Inside Buffalo’, sui soldati neri americani che combatterono per la liberazione dell’Italia durante la seconda guerra mondiale, e ‘18 Ius Soli’, sui figli degli immigrati in Italia e la loro lotta per il riconoscimento sociale e legale. Quest’estate ha presentato il suo ultimo progetto cinematografico, ‘Blaxploitalian: One Hundred Years of Blackness in Italian Cinema’, realizzato con il contributo della fondazione Lettera27. Ispirato a un importante volume curato da Leonardo De Franceschi, intitolato ‘L’Africa in Italia’, nonché alle esperienze personali dello stesso regista all’interno dell’industria cinematografica italiana, Blaxploitalian è un documentario di ampio respiro che racconta la storia, tuttora misconosciuta, degli attori di origine africana in un secolo di cinema italiano. Come le precedenti opere di Fred anche questo documentario nasce con un’esplicita missione sociale. Blaxploitalian si inserisce infatti in una rete di campagne internazionali nate intorno alla protesta #OscarsSoWhite e dibattiti sul tema condotti in Inghilterra e in Francia, con l’obiettivo di dar vita a una piattaforma capace di promuovere una più ampia e corretta rappresentazione delle diversità nei media. Fred Kuwornu è nato e cresciuto a Bologna e dopo aver terminato gli studi in Scienze Politiche presso l’Università di Bologna si trasferisce a Roma dove inizia l’attività d’autore di programmi televisivi per la Rai e La7. Nel 2007 viene scelto dal regista americano Spike Lee per lavorare all’interno della crew del film ‘Miracolo a Sant’ Anna’. L’incontro con Spike Lee ispira a Fred Kuwornu l’idea di dirigere e produrre il docufilm ‘Inside Buffalo’. Incontro a Roma Fred e colgo l’occasione per rivolgergli alcune domande:
Buon giorno Fred, visto che viaggi tantissimo e da tempo non ti incontro a Roma, dove vivi in questo momento?
In questo periodo sono a Milano ma vivo tra New York, Ferrara e Accra.
Quando è nato il tuo amore per il cinema?
Il mio amore per il cinema nasce da quando ho iniziato a fine anni 80 a vedere film d’autore , ma onestamente ho iniziato a dirigere documentari per caso dopo una lunga esperienza di lavoro come autore televisivo in RAI, ed aver avuto la fortuna di potere lavorare come set assistant, e stand, in un film di Spike Lee girato in Italia
La tua battaglia per i neri italiani da cosa è spinta?
Sicuramente il fatto di essere afrodiscendente, ma anche la certezza che in Italia è necessario iniziare un percorso autodeterminazione. La situazione è molto complessa anche perché il corpo migrante afroitaliano è molto variegato. Convivere con migranti di origini africane, e non solo con un gruppo prevalente, come poteva essere accaduto in UK o Francia, è l’obiettivo.
Il 14 ottobre è una giornata molto importante. Mi racconta che cosa succederà nella casa del cinema ‘Villa Borghese’ a Roma?
‘United Artists For Italy’ è un gruppo di artisti italiani, di paesi Ue o extra-Ue, che vivendo e lavorando in Italia contribuiscono alla ricchezza culturale ed economica di questo Paese ma non si riconosco nella narrazione dominante che l’Italia dà di se stessa, semplicemente perchè per la maggior parte del tempo sono assenti o semplici comparse. Nel 2016 in vari Paesi, e soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia, si sono moltiplicate le voci che chiedono di aumentare la presenza di soggetti espressione di diversità sullo schermo (on screen), e dietro le quinte (off screen). In più Paesi in questo momento leggi e protocolli vincolano il settore pubblico ad assumere Diversity Managers, monitorandone le attività e risultati per le aziende. In Italia tale dibattito non ha mai preso piede a causa di un ritardo culturale e legislativo sul quale ora si vuole intervenire. Troppi gruppi sociali non sono riconosciuti come soggetti di diritto, come portatori di talenti e competenze, come attori in grado di incidere nella narrazione di questo paese e in diritto di aspirare a opportunità lavorative significative, per se stessi e per la collettività. Questo vale anzitutto nelle industrie creative, le quali corrispondono ad un settore strategico di sviluppo dell’economia, e allo stesso tempo vetrina qualificante dell’identità italiana all’estero. Nella nuova legge del cinema in discussione al Parlamento si garantisce il pluralismo dell’offerta cinematografica e televisiva, ma questo pluralismo andrebbe integrato a precise politiche della diversità miranti ad ampliare, e a rendere più inclusiva e plurale, la platea di attori. La BBC si è data tre anni di tempo per riequilibrare la rappresentazione televisiva del Paese a quello che è il Regno Unito ora. Il 14ottobre finalmente anche in Italia inizieremo a parlare di questo tema.
Marcia Sedoc