Il senatore Mario Monti tra ‘rifiuto del premierato’ e ‘Demagonia’, la politica delle illusioni

L’ex premier Mario Monti  presenta il suo nuovo libro: ‘Demagonia, o meglio, dove porta la politica delle illusioni’.  L’ex presidente del Consiglio offre con il libro la sua via d’uscita: «Il libro non vuole essere un allarme ma invita a prendere consapevolezza,  i nostri politici mi sembrano più attenti alle polemiche interne piuttosto che alle sfide che minacciano l’Europa. Serve il coraggio di fare scelte impopolari piuttosto che promettere meno tasse per poi non mantenere la parola, offrendo piuttosto condoni.  La politica sembra, in sostanza, inseguire il consenso immediato e facile, accantonando i problemi e rinviando le scelte impegnative. La demagonia, però, non è irreversibile. Per arginarla e respingerla occorre una politica seria, fatta da uomini responsabili, disposti anche a perdere le elezioni. «Invece oggi si pensa a comprare i voti con i fondi dello Stato, aumentando le tasse di alcuni o il debito pubblico».

Il senatore invoca anche «cittadini-elettori più consapevoli ed esigenti, una condizione essenziale per la sopravvivenza dell’Europa e dell’Italia». E poi un commento sul progetto del ponte: «Io dissi di no alle Olimpiadi, rinunciando al consenso popolare, l’infrastruttura su cui punta Salvini, uomo forte più che riflessivo, non mi sembra indispensabile e non si poggia un dossier completo».

Mario Monti  è netto sul premierato:  «Sono contrario al premierato, soprattutto perché ci priverebbe della possibilità di far nascere, in casi di emergenza, governi di unità nazionale».  Monti, in questo modo,  capovolge completamente il senso della storia recente – ossia il fatto che proprio gli esecutivi tecnici come il suo abbiano contribuito, senza risolvere alcuna emergenza, a svuotare di senso la rappresentanza a vantaggio del vincolo esterno – ribaltando con questo anche i ruoli di accusa e difesa. Lo spiega perfettamente nel libro di cui parliamo,  dal titolo che è tutto un programma: “Demagonia”. Un neologismo che indica «che la demagogia e il populismo possono portare all’agonia e alla morte della democrazia. E anche i “demoi”, i popoli, possono morire».  Per Monti la cura è sempre la stessa: austerità, dirigismo e fanatismo rigorista. A salvare i popoli da loro stessi ci penseranno dunque i tecnocrati espressione “diretta” della volontà anti-popolare…

Ai quotidiani del gruppo Gedi  non è andato giù che al convegno sul premierato organizzato dalle fondazioni Craxi e De Gasperi a cui ha partecipato la premier Meloni sia intervenuta  la società civile. E così la presenza di imprenditori, sportivi, artisti, uomini e donne dello spettacolo, interpellati come interlocutori per una riforma che riguarda tutti i cittadini, è stata immediatamente ridotta a caricatura: «La campagna» per l’elezione del premier, appuntava l’inviato di Repubblica, «diventa un reality. Per rendere ancora più chiaro concetto il quotidiano ha ospitato l’analisi di un politologo autorevole come Carlo Galli. Il quale stavolta, criticando legittimamente il premierato, non è sfuggito però ai toni apocalittici: ribattezzando la riforma come uno scivolamento verso la «post-democrazia», nella quale la volontà popolare viene ridotta tout court «ad essere un agglomerato di privati, intenti ai propri interessi, che delegano coscienza e sensibilità politica a un capo».

Una descrizione parossistica, inverosimile e dantesca che trasforma tutto in grottesco.

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