Il dimensionamento delle Istituzioni scolastiche in Sicilia è un segnale che la scuola del cosiddetto “merito” (leggi neoliberista, sussidiarista, a favore del privato in ogni suo ambito) invia a cittadini, studenti e genitori.
Si rilancia l’idea, in sé extra-costituzionale, ma fondata sui vigenti rapporti di forza parlamentari, che la scuola, le scuole siano aziende e che con criteri aziendalistici vadano gestite, primo fra tutti quello dei “clienti-utenti” e del mercato che legittima o meno l’esistenza di un Istituto scolastico ovunque questo si trovi e qualunque sia la realtà della Comunità che lo ospita.
Poco o nulla, poi, importa che una siffatta “logica” possa avere impatti dirimenti e potenzialmente nocivi sul futuro delle studentesse, degli studenti oltre che su diversi tessuti sociali e sui territori che saranno spogliati un di servizio essenziale.
Sebbene sia apparso su diversi quotidiani siciliani certuni, a partire dalle Istituzioni locali e regionali, provano a minimizzare la portata di un processo che tutt’altro che casualmente è stato pensato e verrà realizzato per step successivi.
Bernardo Moschella, dirigente del MIM, sottolineava, poi, che il processo riguarderebbe, per il prossimo anno scolastico, appena 10 Istituzioni scolastiche, aggiungendo, ulteriormente, che per l’anno successivo dovranno essere la Conferenza Stato-Regioni e l’Assessorato regionale a stabilire quante e quali saranno le scuole presenti, come Istituto dotati d’autonomia, sul Territorio siciliano.
Un passaggio questo chiaro a tutti che, però, non ci rasserena dato che il Governo regionale sta mostrando una subalternità politica e quindi istituzionale alle maggioranze e al Governo centrale davvero più che imbarazzante, si pensi alla questione dell’Autonomia differenziata.
C’è, dunque, poco di buono da attendersi per il futuro delle scuole isolane.
Né a dire il vero convince l’ottimismo a prescindere di certi ambienti sindacali espressione dei Dirigenti scolastici che guardano alla questione in meri termini quantitativi e non invece sociali e qualitativi.
Diversa sembra essere la posizione espressa da alcuni sindacati della scuola, in primis la FLC CGIL che denuncia che non c’è più tempo da perdere e che i processi sono già in atto.
Resta da vedere se il sindacato confederale tutto saprà e vorrà contrastare concretamente il processo, cosa tutt’altro che ovvia e scontata nella realtà concreta delle cose.
Il Partito della Rifondazione Comunista della Sicilia, invece, è assolutamente contrario al dimensionamento delle scuole siciliane in base al solo criterio degli alunni frequentanti e ritiene che questo processo di “sforbiciamento” definito “ridimensionamento”, tutt’altro che casualmente, non tiene conto delle necessità e delle peculiarità sociali dei Territori siciliani e delle comunità di cui fanno parte.
In nome di una logica aziendalistica volta alla privatizzazione dei saperi e al taglio delle risorse destinate alle scuole si rischia di smantellare l’ultimo presidio culturale e sociale di molti territori, già indeboliti dalla disoccupazione cronica e dall’emigrazione.
In Sicilia come altrove le scuole dovrebbero essere rafforzate con l’estensione dei servizi educativi, con aperture pomeridiane e serali, con un reale adeguamento infrastrutturale e migliorando i rapporti l’interconnessione con il territorio. Invece, si preferisce tagliare le scuole per destinare sempre più risorse economiche agli apparati militari e alla costruzione di nuovi sistemi d’arma, anche in Sicilia.
Fabio Cannizzaro, Responsabile Cultura e Scuola Sicilia
Nicola Candido, Segretario regionale della Sicilia
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea