Il Toto-Quirinale, tra le possibilità di Casini e i piani di Renzi

Con l’apertura del semestre bianco e, partendo dalla esclusione di Mattarella come ricandidato, secondo un suo desiderio, si apre il toto-quirinale e  alle grandi manovre per il Quirinale.

Il più gettonato come futuro presidente è Mario Draghi anche se  oltre settant’anni di storia parlamentare dicono che la strada per il Colle più alto è irta di trabocchetti e  se c’è un momento dove la dissimulazione da mestiere si trasforma in arte è proprio l’elezione del presidente della Repubblica.

Per l’elezione del Capo dello Stato una trama ci vuole, così come occorre un king maker che conduce il gioco. L’ultimo è stato Renzi con l’elezione di Mattarella. Ma allora era segretario del Pd nonché premier, reduce da un clamoroso 41 per cento totalizzato alle Europee del 2014. Ora è il leader di Italia Viva, due punti scarsi nei sondaggi, compensati da una grande spregiudicatezza manovriera. In mano ha due carte: Casini e Marta Cartabia, la guardasigilli, in pratica ascrivibili a centrodestra che  tra parlamentari e delegati regionali totalizza poco meno della metà dei Grandi elettori.

Ilario Lombardo sulla Stampa  attorno al prossimo inquilino del Colle  cita una fonte del Pd che gli avrebbe confermato che in ballo non ci sono solo Mattarella (cui si chiederebbe il bis come a Napolitano), Cartabia e Draghi.

Sarebbero in stato avanzato anche le trattative sul nome di Pierferdinando Casini. Trattative che implicano anche un certo protagonismo da parte dei partiti di centrodestra, in primis Forza Italia. Tanto che è proprio una fonte di Forza Italia a confermare che quel nome fa parte ormai della partita. “Casini è in partita nel caso in cui Mattarella non fosse disponibile per un altro mandato, anche a termine, fino alle elezioni politiche del 2023. Quelle che dimezzeranno il numero dei parlamentari”. Ora, è noto che fare un nome per il Quirinale non sempre significa lanciarlo in pista, anzi spesso si tratta di un espediente per togliere di mezzo un candidato scomodo.

Gli ultimi calcoli segnalano che dal quarto scrutinio (il primo in cui basta la maggioranza assoluta) le mancherebbero 51 voti, possibili nel caso Italia Viva facesse confluire i suoi 45 voti. Renzi va marcato stretto visto che dall’alto del suo due per cento potrebbe ridare le carte  e ora vorrebbe raddoppiare con la carta Casini. “La scelta di Casini – sottolinea la Stampa – potrebbe in un solo colpo isolare il M5S, spaccare il Pd, e indebolire ulteriormente l’alleanza giallorossa. Di sponda con Base riformista, la corrente del Pd guidata dal ministro Lorenzo Guerini e da Luca Lotti, nata sulle ceneri del renzismo dopo la scissione di Italia Viva e ancora maggioritaria tra gli eletti democratici, Renzi vuole portare tutto il centrodestra sul nome dell’ex leader dell’Udc. Casini ha un po’ il ruolo di outsider tipico del canone quirinalizio. Ed è anche l’anello di congiunzione tra centrosinistra e centrodestra”.

Alla fine, con l’arte tipica dei vecchi Dc, Casini potrebbe spuntarla. Sostenuto da “una buona fetta del Pd, i governatori di centrosinistra guidati dal suo conterraneo Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna con cui è in ottimi rapporti, e Forza Italia”. Lega e Fratelli d’Italia invece “potrebbero essere sedotti dal fatto che si tratterebbe del primo presidente della Repubblica che non è storicamente figlio del centrosinistra“. E i grillini finirebbero in minoranza. Un particolare non di poco conto per le strategie di Matteo Renzi.

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