Giuseppe Conte, in una intervista alla Stampa, ha dichiarato di avere apprezzato la lettera di Giorgia Meloni al Corriere della Sera sul fascismo e sul 25 aprile. Il bello del trasformismo è la sua illimitatezza e si fonda sull’idea del compromesso e della necessità di sacrificare alcune proprie idee, o della propria parte politica, alle necessità del paese e all’interesse generale.
Poi c’è un altro tipo di trasformismo che è quello che attribuisce alla politica una sola finalità: la conservazione del potere, o l’avvicinamento al potere, o il sogno del potere. In questo caso non è l’interesse generale a determinare le scelte ma è un calcolo, non sempre giusto, sulle possibilità di conquistare il potere. Giuseppe Conte può essere considerato il massimo esponente ed interprete di questo secondo tipo di trasformismo. Entra in politica, improvvisamente, a circa 55 anni, nel 2018, assumendo immediatamente l’incarico di capo del governo. Senza nessuna esperienza precedente. Firma un patto con la destra di Salvini, in un governo sempre molto polemico con il Pd, indicato come il centro della corruzione politica. Poi, visto che il governo non reggeva, ha accettato di lasciare la Lega al suo destino e di fare il governo col Pd, restando premier e modificando via via diverse leggi approvate con la Lega. Poi è andato con Draghi. Poi ha rovesciato Draghi. Prima di rovesciare Draghi ha votato l’invio di armi a Kiev. Poi si è schierato a corpo morto contro l’invio delle armi a Kiev. Questa dell’endorsment alla Meloni è semplicemente l’ultima svolta dell’ex premier. Questa svolta rimette al centro dell’alleanza Movimento Cinque Stelle e Pd. Può il Pd legarsi all’ideologia del qualunquismo e del trasformismo? Alla fine della fiera i Cinque Stelle dovrebbero rinunciare alla logica del trasformismo per aprire un dialogo con la sinistra, ma questo può avvenire solo allontanando un leader improbabile, pessimo avvocato di se stesso, che usa dialogare con Giorgia Meloni per isolare Elly Schlein. L’ex premier vuole tornare al centro dei giochi e si riscopre più machiavellico che mai. Il fine sono le poltrone, il mezzo è tenere un canale aperto con la premier. L’ultima è l’accordo con la maggioranza per piazzare due uomini nei consigli di presidenza delle magistrature speciali. L’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è andato alla giustizia tributaria e l’avvocato, amico di Conte, Francesco Cardarelli è stato eletto come membro laico del consiglio della Corte dei conti. L’orizzonte della competizione sono le europee, dove le alleanze sono innaturali e le elezioni per l’Europarlamento dell’anno prossimo sono un passaggio cruciale sia per Conte sia per Schlein. Entrambi i leader, in caso di risultati insoddisfacenti, rischieranno il posto. Per altro verso i grillini hanno incassato la presidenza della commissione bicamerale, i dem sono andati a vuoto. E Conte si prepara a piazzare il fidato ex direttore del Tg1 Giuseppe Carboni in una direzione del servizio pubblico. Il sogno è il Tg3, altrimenti vanno bene pure Rai Parlamento o il Giornale Radio Rai. L’importante è isolare Schlein.