Il ‘Trattato di Maastricht’ e la nascita dell’Unione Europea

Il primo novembre del 1993 gli uffici della Commissione europea e delle altre istituzioni a Bruxelles erano quasi completamente vuoti. Come ogni altro primo novembre, agli impiegati era stato dato il giorno libero in occasione della festa di Ognissanti. In quel giorno entrò in vigore il trattato di Maastricht e nacque l’Unione Europea come la conosciamo oggi. Il Trattato di Maastricht fu il trattato che stabilì l’Unione Europea con il nome odierno e gran parte delle istituzioni comunitarie che conosciamo oggi. Trasformò le finalità delle precedenti organizzazioni, come la Comunità Economica Europea da un’unione solo economica a un’unione politica. Pose le basi della creazione della Banca Centrale Europea e dell’introduzione dell’euro. Il trattato, insieme a vari emendamenti, dichiarazioni e altri trattati sottoscritti negli anni successivi, forma il corpo giuridico che costituisce l’Unione, cioè i Trattati dell’Unione Europea, o, semplicemente, i ‘Trattati fondamentali’. Le istituzioni principali che governano l’Unione, anche se con funzioni diverse e con diversi cambiamenti, sono sopravvissute nella forma che diede loro il trattato. Fu istituito per esempio il Consiglio dell’Unione Europea, un organo formato dai rappresentanti di tutti i governi membri che in precedenza si riuniva soltanto in maniera informale. Tra le modifiche successive c’è stato il trattato di Lisbona nel 2009, con cui il Consiglio dell’Unione Europea (o semplicemente, il Consiglio o Consilium) è diventato di fatto la ‘camera alta’ di un sistema bicamerale europeo. Il Consiglio dell’Unione Europea non va confuso con il Consiglio Europeo, istituito dallo stesso trattato di Lisbona, che è l’organo che ha funzioni di indirizzo e che è formato dai capi di stato o di governo dei paesi membri dell’Unione. E non va confuso nemmeno con il Consiglio d’Europa, che è un’altra cosa che non c’entra niente con l’Unione Europea. Il trattato di Maastricht aumentò i poteri del Parlamento e diminuì quelli del Consiglio a favore della Commissione Europea, che con il trattato di Lisbona nel 2009 iniziò a somigliare a una sorta di potere esecutivo,  o governo dell’Unione. Nel trattato di Maastricht furono precisate anche le funzioni della Corte di Giustizia e di altri organi minori, come la Corte dei Conti europea. Con il trattato venne anche istituito il sistema europeo delle banche centrali,  uno dei passaggi fondamentali per arrivare all’euro,  e la Bce, che cominciò a operare utilizzando questo nome solo quando l’euro entrò in vigore, il primo gennaio 1999. All’epoca era usato solo per pagamenti elettronici: nelle nostre mani sarebbe arrivato soltanto il primo gennaio 2002. Ventitré anni dopo però qualcosa è cambiato. La moneta unica non ha prodotto un’Europa unita e l’Europa sembra vicina al tracollo,  e si  trasformata in una unione di burocrazie cieche al servizio della globalizzazione selvaggia e feroce, legata a doppio filo alle esigenze e agli interessi  prevaricatori di ristrette e facilmente individuabili élite economico-finanziarie. Un’Europa che consegna il primato delle decisioni ai burocrati,  emarginando coloro che eletti siedono in Parlamento, mentre il governo viene schiacciato dal peso dei leader più potenti e dal connubio Merkel-Hollande. La nuova Europa del 1993 avrebbe dovuto assicurare uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell’insieme della Comunità, alti livelli di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita delle persone, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, perfino la solidarietà tra gli stati membri.  Con il passare degli anni, compleanno dopo compleanno, l’Unione Europea ha assunto caratteristiche e dimensioni sempre più antidemocratiche e manifesta maggiore dimestichezza nelle trattative con Erdogan, un signore che sta soffocando a colpi di arresti la libertà di stampa, fondamentale in democrazia, e in quelle con Orban che della solidarietà non sa che farsene preferendo i muri. Quella di oggi è un’Europa senz’anima e gli euroscettici prendono voti in Europa proprio contro l’Europa.  Dopo il referendum in Gran Bretagna che ha segnato l’uscita dall’Unione Europea i partiti cosiddetti euroscettici sono aumentati a vista d’occhio, con il Front National di Marine Le Pen che in Francia miete successi e si candida a conquistare l’Eliseo.  Statistiche alla mano in Francia gli euroscettici sono circa il 61%; in Austria il 49,7% ma hanno raddoppiato i voti rispetto al 2013 quando rappresentavano il 20,5%; in Olanda sono passati dal 28% delle elezioni politiche del 2010 al 42,5% del 2012; in Grecia è stato toccato il picco del 71%. L’Europa in ventitré anni è cresciuta e ha imbarcato stati che in realtà erano alla ricerca più che di radici storico-culturali,  di un nuovo ombrello protettivo dopo gli anni trascorsi forzatamente sotto l’impero sovietico,  rafforzato dall’adesione alla Nato. E’ ormai evidente che bisogna porsi degli interrogativi sull’idea di comunità europea e verificare se  essa potrà sorgere  da realizzazioni concrete che creino  solidarietà di fatto.

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