Ilaria Salis dal carcere: “Interrogata e costretta a firmare un foglio in ungherese”

Dopo l’udienza del 29 gennaio, quella in cui è apparsa ammanettata mani e piedi e al guinzaglio in tribunale, Ilaria Salis è stata interrogata e costretta a firmare un verbale in ungherese. Lo sostiene in una nuova lettera di denuncia di Ilaria Salis è contenuta in una lettera, datata 30 gennaio, inviata dal carcere all’ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli, con la richiesta di condividerla con il suo legale Eugenio Losco.

Secondo quanto riporta Repubblica, nella missiva la 39enne milanese racconta che dopo la prima udienza del suo processo del 29 gennaio è stata interrogata dal personale del carcere di massima sicurezza di Budapest dove è detenuta dal febbraio 2023.

Dopo che è tornata dal tribunale in carcere, Ilaria Salis è stata portata in una stanza dove due agenti donne della polizia penitenziaria le hanno fatto domande sulle condizioni detentive.

L’italiana ha confermato alle due agenti le dure condizioni in cui vive da mesi nella prigione ungherese, come aveva denunciato nel memoriale inviato lo scorso 2 ottobre ai suoi legali.

Alla fine del colloquio le hanno fatto firmare un foglio scritto tutto in ungherese, spiegandole che era il verbale delle sue dichiarazioni.

Alla sua richiesta di chiarimenti le agenti, una delle quali parlava italiano, hanno risposto che le domande servivano a chiarire le notizie apparse sui giornali sulle condizioni in cui è detenuta.

Ilaria Salis “è molto, ma molto preoccupata per quello che sta succedendo in carcere”, ha dichiarato a Repubblica l’avvocato Eugenio Losco, che ha ricevuto  la lettera della sua assistita.

Secondo il legale le è stato praticamente ordinato di firmare quel verbale, “mi inquieta che su quel foglio ci siano parole per screditare la mia assistita. Ho chiesto l’intervento dell’ambasciata per avere copia di queste dichiarazioni, ma mi chiedo che adempimento era, se era una forma di intimidazione o un tentativo di spaventarla“.

Comunque il caso di Ilaria Salis tiene banco, non solo a livello politico nazionale, ma anche internazionale. La premier, Giorgia Meloni, ha avuto un colloquio con l’omologo ungherese, Viktor Orban, in cui ha discusso anche delle condizioni della 39enne italiana detenuta da un anno a Budapest.

Ilaria Salis è stata arrestata l’11 febbraio 2023 con l’accusa di aggressione nei confronti di due neonazisti in occasione del Giorno dell’onore, ricorrenza che si celebra ogni anno nella capitale ungherese.nL’obiettivo dell’evento è ricordare il battaglione che nel 1945 si oppose all’assedio di Budapest.

L’avvocato della famiglia Salis, Eugenio Losco, ha annunciato all’Ansa di valutare il ricorso alla “Corte europea di Strasburgo per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che è già costata altre condanne all’Ungheria”.

Il legale ha spiegato che “la violazione è palese, visto come è stata portata con un guinzaglio in aula”.

“La condizione descritta da Ilaria Salis non è tollerabile, ma purtroppo non è così solo oggi e nel suo caso: le ispezioni non sono quotidiane e temo che gli stessi standard minimi non siano rispettati neppure in tutti gli istituti di pena italiani. Non sappiamo se in Italia l’attivista sarebbe stata trattata diversamente, se fosse accaduto in alcune strutture in particolare, dove il sovraffollamento rappresenta un problema grave che impedisce il rispetto di requisiti di accettabilità: pensiamo, ad esempio, a detenuti che si trovano in 6 o 9 in celle da 3. Sulla carta dovrebbe esserci uno standard che riguarda la dignità, l’umanità e le condizioni igieniche basilari, ma sappiamo che non è sempre così. L’aspetto più grave, però, è che Salis non ha avuto accesso agli atti di accusa nella prima fase di detenzione, come riferito dal legale, quindi le storture sono molte e di natura differente”.

Situazioni analoghe si verificano anche in altre carceri, basti pensare agli Stati Uniti (o alla situazione in Romania denunciata dalla madre di Filippo Mosca, ndr). Detto questo, ormai l’eco mediatica c’è stata ed è strettamente legata agli aspetti politici. Il nostro Governo e quello ungherese dovranno risolvere il caso, anche perché ci possono essere ripercussioni su altri dossier sui tavoli europei. Parliamo dei 50 miliardi di euro di aiuti europei all’Ucraina, ma anche alla questione migranti. La partita credo che si giocherà su uno scambio: il premier ungherese attende fondi dall’Ue, che in cambio vuole il via libera al sostegno a Kiev”.

“Sempre nell’ambito della teoria, dove non arriva lo Stato membro dovrebbe arrivare l’Unione europea. Esistono diverse carte, come quella di Lisbona e successive, che prevedono che il sistema giuridico nazionale integri la normativa europea. Ma nella realtà ci sono evidenti limiti, sia nelle tempistiche di adozione delle norme europee sia nella misura con cui sono recepite. Lancerei una provocazione: occorrerebbe una commissione ad hoc per la verifica della situazione carceraria in tutta l’Ue. Era una battaglia del vecchio Partito Radicale che, a prescindere da chi la promuoveva, era di civiltà. Salis ha commesso un reato nell’aggredire due persone, sbagliando: che si tratti di neonazisti o altri soggetti deprecabili non è il punto, perché avevano diritto di manifestare, nei limiti del rispetto della dignità altrui, senza trascendere in discorso di odio razziale. Ma questo non c’entra e non giustifica il trattamento che è stato riservato all’attivista.

Siamo in prossimità di appuntamenti elettorali e il problema è diventato politico. Se non ci fosse stata la vicinanza della premier Meloni e del vicepremier Salvini a Orban non avremmo avuto questa eco mediatica nella stampa italiana, che infatti non si ritrova né in quella ungherese, né in quella francese, ad esempio, che pure ha riportato la notizia.

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