Le imprese tornano a cercare personale, con la quota di posti di lavoro vacanti, per cui le aziende sono a ‘caccia’ di candidati, che tocca lo 0,9% nel secondo trimestre, il massimo da quando è iniziata la serie, ovvero dal 2010. E’ quanto emerge dalla stima preliminare dell’Istat, che, rispetto ai primi tre mesi dell’anno, segna un incremento di 0,1 punti (dati destagionalizzati). La platea di riferimento comprende i settori dell’industria e dei servizi con almeno dieci dipendenti.
L’economia cresce ma non come dovrebbe. Eppure i margini di manovra, pur limitati, sembrano offrire prospettive utili per rafforzare una ripresa ma il limite è sempre lo stesso con troppe incertezze ed il timore di passi falsi.
Nel dettaglio, spiega l’Istat, il tasso cresce di 0,1 punti percentuali nei servizi, raggiungendo l’1,0%, mentre rimane stabile allo 0,7% nell’industria. Si tratta di un indice ‘spia’, che dà il senso di dove si sta andando. E se le imprese sono interessate a nuovo personale significa che l’economia tira, anche se, in alcuni casi, un valore alto può indicare lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro: le imprese cercano personale che non trovano sul mercato del lavoro, perché magari le competenze richieste sono differenti da quelle disponibili. Però, in linea di massima, quando il tasso dei posti vacanti si alza vuol dire che si sta innescando una ripresa e viceversa. Non a caso il minimo storico è stato toccato nei periodi più bui per il mercato del lavoro.
‘I posti vacanti misurano le ricerche di personale che alla data di riferimento (l’ultimo giorno del trimestre) sono già iniziate e non ancora concluse’, precisa l’Istituto di statistica. Sono, infatti, quei posti di lavoro retribuiti che siano nuovi o già esistenti, purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell’impresa interessata e sia disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo.
Eppure le questioni aperte non mancano. Nel nostro Paese per l’ennesima volta si profila una ripartenza degli investimenti pubblici nelle grandi opere, le sole che possono garantire lavoro e reddito. La speranza è che non sia una falsa partenza. Il valore di questa scelta è duplice: riattivare il ruolo dello Stato in economia, manca però un tassello fondamentale: un piano di messa in sicurezza del territorio, organico e dotato di risorse certe. E manca più in generale soprattutto quella forza ‘politica’ che può nascere solo da un patto pluriennale fra i protagonisti dei partiti, abbandonando la ottusa tutela dei due campanili. E non ci si è ancora liberati di un modo di agire degli anni ’90 che ha trasformato con le privatizzazioni i grandi gruppi di proprietà dello Stato da monopoli pubblici a potentati con le stesse caratteristiche. La prossima fusione fra Ferrovie ed Anas risente di questa impostazione, pur costituendo una indubbia opportunità.
Il tasso di posti vacanti può fornire, usato assieme ad altri indicatori, informazioni utili ad interpretare la congiuntura. I posti vacanti, infatti, possono dare segnali anticipatori sull’andamento del numero di posizioni lavorative occupate nel prossimo futuro. I dati definitivi sul secondo trimestre saranno pubblicati dall’Istituto di statistica il 12 settembre.
Sarebbe necessario sul piano fiscale un poderoso riordino della materia: troppi interrogativi sono ancora in ballo, dalla mancata riforma dell’IRPEF al destino dell’Iva, alla effettiva riduzione dell’area della grande evasione fiscale.
Resta latente ma del tutto irrisolta una grande questione come quella salariale dopo anni ed anni di moderazione retributiva. Un tema proprio delle relazioni industriali ma con una forte influenza sugli andamenti economici e sociali.
Il treno di un migliorato clima economico non va lasciato passare invano.