Gli imprenditori italiani hanno pagato 9,3 miliardi nel 2012 per l’Imu sugli immobili produttivi. Una somma pari al 39,1% del totale dei 23,7 miliardi di gettito dello scorso anno. Ma da gennaio 2013 l’imposta municipale sui capannoni delle imprese sarà più costosa: si prevede un aumento dell’8,3%, pari a 491,2 milioni di euro di maggiori tasse per le aziende italiane. In vista delle decisioni del Governo su Imu e Tares, Confartigianato ha calcolato l’impatto dei due tributi su imprese e famiglie. Rispetto all’Ici, l’Imu sugli immobili ha originato un maggiore prelievo fiscale di 14,5 miliardi sui contribuenti italiani. A pagare di più, nel passaggio da Ici a Imu, sono stati gli imprenditori. Infatti il 50,6% dei Comuni italiani ha aumentato l’aliquota base da applicare agli immobili produttivi, il 47,9% ha mantenuto l’aliquota base del 7,6 per mille e soltanto l’1,6% dei Comuni l’ha ridotta: con il risultato che l’aliquota media nazionale applicata agli immobili produttivi è pari al 9,4 per mille, a fronte del valore base del 7,6 per mille. E i ‘conti’ sulla Tares non si discostano, poi, più di tanto dal quadro che emerge con l’Imu . Secondo Confartigianato, l’applicazione del nuovo tributo su rifiuti e servizi determinerà un aumento medio di 26 euro per abitante, pari al17,6% in più rispetto a quanto avviene con l’applicazione degli attuali tributi sui rifiuti: Tarsu e Tia. I rincari derivanti dalla Tares andrebbero a sommarsi ai continui aumenti registrati in questi anni dalle tariffe dei rifiuti: tra marzo 2012 e marzo 2013 sono cresciute del 4,9%, tra marzo 2008 e marzo 2013 gli aumenti sono stati del 22,1% e, addirittura, negli ultimi 10 anni hanno raggiunto il + 56,6%. Per alcune tipologie di imprese, l’applicazione della Tares sarebbe un vero e proprio salasso: è il caso delle attività artigiane di pizza al taglio operanti in piccoli Comuni che attualmente applicano la Tarsu e che, con l’introduzione della Tares, subirebbero rincari del 301,1%. Non andrebbe meglio per i laboratori artigiani di pasticceria che pagherebbero il 181,7% in più. Aumenti significativi anche per i piccoli produttori di pane e pasta che nel passaggio da Tarsu a Tares sarebbero costretti a sborsare il 93,6% in più. ”Gli imprenditori – commenta il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – non possono sopportare ulteriori aumenti di pressione fiscale, né l’incertezza su tempi e modalità di applicazione dei tributi. Per quanto riguarda l’Imu non è giusto che gli immobili produttivi siano trattati alla stregua delle seconde case: i nostri laboratori vanno esentati dall’imposta perché sono la nostra prima casa. In definitiva, su Imu e Tares vanno trovate soluzioni che, oltre ad evitare l’inasprimento della tassazione, siano capaci di garantire la semplificazione impositiva e amministrativa”.
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