‘I cittadini non si devono preoccupare, non mi risulta’. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, risponde così a chi gli chiede notizie della possibilità per i Comuni di bloccare i conti correnti dei contribuenti che non pagano i tributi locali. Sarà stato un riflesso condizionato, perché da giorni il premier combatte l’idea di una manovra piena di tasse e trappole fiscali, ma quella norma c’è. È l’articolo 96 della legge di Bilancio già in discussione, al Senato, e dà anche molta soddisfazione ai sindaci, che in questa riforma della riscossione locale, chiesta a gran voce da tempo. Tanto più, osserva il ministero dell’Economia, che ci sono «ancora 19 miliardi non riscossi dagli enti locali».
La norma inserita nella legge è molto tecnica e complessa. In sostanza, tende a offrire ai Comuni che riscuotono direttamente i loro tributi di utilizzare gli stessi metodi e strumenti che usa l’Agenzia delle Entrate, l’organismo pubblico che riscuote tasse statali e contributi, e che fino a qualche tempo fa lavorava anche con i Comuni. Che poi scelsero la strada di una riscossione «più umana», ma che oggi si trovano in difficoltà. E vogliono strumenti più efficienti, che la riforma contenuta nella manovra gli consegna, riducendo ad appena 9 mesi, quando oggi ci vogliono anni, il tempo per ottenere, anche forzatamente, la soddisfazione del credito.
Con la riforma, prima dell’avvio concreto della procedura esecutiva, per tutti i crediti inferiori ai 10 mila euro, gli enti locali dovranno inviare anche un sollecito di pagamento al contribuente. Nessun avviso, invece, se il credito è superiore. Il nuovo meccanismo non si applica alle multe, perché le disposizioni non incidono sul Codice della strada. E prevede, in via generalizzata, la possibilità di rateizzare le somme, non meno di 36 rate per i debiti oltre 6 mila euro.