Nel solo 2011, al “Centro Soccorso Rosa” dell’ospedale San Carlo Borromeo di Milano, sono pervenute 769 richieste d’aiuto da tutta Italia. Il centro, è sorto in difesa dei bambini e delle donne vittime di violenza, quella violenza che si consuma maggiormente all’interno delle mura domestiche e che colpisce ogni fascia di età. In 6 casi su 10 l’Sos arriva da donne italiane, e in più della metà dei casi, anche gli aggressori sono italiani quasi sempre partner o ex. Dalle adolescenti alle anziane, passando per giovani adulte che spesso, proprio a causa delle violenze subite, perdono il lavoro. “Le donne che chiedono aiuto sono in costante aumento”, spiegano dalla struttura diretta dalla dottoressa Nadia Muscialini. Ma i numeri riescono a fotografare solo in minima parte “un problema che assume ogni giorno delle dimensioni impressionanti”, troppo spesso, chi subisce violenza, lo fa in silenzio: più di 2 vittime su 5 scelgono di non denunciare il proprio aggressore e non chiedono assistenza legale. “Per tentare di squarciare il muro del silenzio”, il “Centro Soccorso Rosa” ha organizzato al San Carlo, con il patrocinio del Comune e dell’Union Internationale des Avocats, il convegno “Tutti giù dal Titanic. Violenza sulle donne, violenza dell’umanità?”. Un titolo che non a caso richiama l’immagine del Titanic, gigante dei mari affondato da un iceberg. “Non si deve infatti ignorare che le denunce rappresentano solo la punta dell’iceberg di un problema che ha dimensioni enormi”, che “piano piano sta emergendo, ma che per larghissima parte continua a rimanere sommerso”, avvertono gli esperti. Le violenze “si consumano e vengono celate tra le mura domestiche, spesso per vergogna e spesso per la mancanza di riferimenti a organismi che possano ascoltare, indirizzare e aiutare le donne in modo concreto”. Da qui la volontà di “mettere in rete le conoscenze”, promuovendo anche con il convegno di oggi una taskforce multidisciplinare contro la violenza. “L’idea è quella di dare vita a un fronte comune – dicono i promotori dell’incontro – soprattutto in un momento in cui la crisi economica e i tagli ai finanziamenti rischiano di vanificare quanto è stato costruito fino ad oggi per offrire un riferimento preciso e sicuro a chi è vittima di maltrattamenti”. Delle 769 donne che da tutta la Penisola hanno chiesto aiuto al “Centro Soccorso Rosa” di Milano, alcune sono state subito indirizzate verso altre strutture perchè abitavano molto lontano o non desideravano una presa in carico sanitaria, mentre le altre sono state seguite direttamente dal centro dell’ospedale San Carlo, per un totale di 463 prestazioni. Il 61% di tutti gli accessi è rappresentato da donne di nazionalità italiana, il restante 39% da donne straniere. Di queste ultime, il 38% proviene da Paesi del Sud America, il 27% da diversi nazioni dell’Est Europa e il 20% da Paesi africani. Estremamente ampia, riferiscono ancora dal San Carlo, è la fascia d’età delle donne che si sono rivolte al Soccorso Rosa: si va dai 15 ai 65 anni, con un’età media che si attesta attorno ai 33. Il 62,3% delle donne che hanno chiesto aiuto aveva uno o più figli, ma “un dato ancora più significativo – commentano gli esperti del centro – è il fatto che solamente il 26% delle donne ha dichiarato di avere un lavoro fisso; alcune altre potevano contare su lavori prevalentemente senza contratto o da svolgere saltuariamente, ma la maggioranza ha riferito di essere disoccupata o di avere perso il lavoro a causa delle violenze e dei maltrattamenti subiti”. Gli autori della violenza sono mariti, conviventi, fidanzati o ex partner, per il 52% di nazionalità italiana e per il 22% stranieri (un 35% è di provenienza sudamericana e un altro 35% nordafricana), mentre nel restante 26% dei casi non si hanno informazioni relative alla nazionalità dell’aggressore. Le donne che hanno denunciato il loro aggressore e hanno richiesto assistenza legale sono state il 58,5%. Il 41,5%, dunque, continua a rassegnarsi. Il consiglio a rivolgersi al “Centro Soccorso Rosa” è arrivato da più parti: dal pronto soccorso o da altri reparti dell’ospedale, dai commissariati di zona, da avvocati, da altri servizi sul territorio o anche da donne che si erano rivolte alla struttura in passato.