Dubito ergo sum, come cappello di questo articolo, perchè chi scrive non crede che si siano riunite un milione di persone per la manifestazione della Cgil in piazza San Giovanni a Roma, contro il Jobs act e contro l’abolizione dell’articolo 18, titolata: “Lavoro, libertà, uguaglianza”. Dubitare è lecito, ma è forma ed è sostanza per un giornalista. Sui numeri delle presenze ci sono difformità e sicuramente non è possibile, e non è veritiero, che siano state presenti un milione di persone. Vero è che c’erano tutti gli antirenziani possibili ed immaginabili: piddini dissidenti, rifondaroli, comunisti, ex comunisti, ex verdi, reduci, operai delle fabbriche in crisi, giovani, studenti, pensionati e cantanti dell’Opera. Tutti per e con la Camusso, che annuncia che è solo la prima tappa della protesta: “Ci siamo e ci saremo, continueremo fino allo sciopero generale. Questa piazza è di chi ama il lavoro perchè senza lavoro non si cambia, ma si arretra. Questa piazza non è una passerella di qualcuno per vedere chi c’è e chi non c’è. E’ la piazza del lavoro che rivendica risposte. Nessuno in buona fede può dire che togliere l’articolo 18, demansionare i lavoratori e mettere le telecamere in azienda fa crescere il lavoro. Ora la Cgil vuole un piano per l’occupazione, finanziato con una tassa sulle grandi ricchezze, che metta fine alla guerra tra i poveri. Vuole che sia chiaro che il Tfr in busta paga sono soldi dei lavoratori sui quali il governo guadagnerà in tasse”. Renzi, da Firenze, comunque non si è scomposto: “Una piazza bella e ci confronteremo e li ascolteremo, ma andremo avanti perchè non è possibile che una piazza blocchi il Paese. Il lavoro non si crea con le manifestazioni”. Da Piazza San Giovanni non è venuto l’annuncio dello sciopero generale, come avrebbe voluto Nichi Vendola, e non è spuntato un leader alternativo e funzionale ad una eventuale scissione del Pd. Sul piano sindacale si è avuta una risposta sensibile, ma sul piano politico no, perchè non si è arrivati alla rottura. Piazza San Giovanni è da sempre luogo e simbolo di forza della sinistra e una dichiarazione aperta di rottura avrebbe avuto il suo senso, ma la scissione non c’è stata e tutto è rimandato al voto alla Camera sul Jobs act, con un possibile voto di sfiducia al governo.
Cocis