Armato solo di pala, Chamseddine Marzoug si è dato una missione: offrire una sepoltura “dignitosa” ai migranti morti al largo della Tunisia nel tentativo di raggiungere l’Europa. Occhiali da sole e cappello per proteggersi dal caldo, Marzoug, 52 anni, contempla il pezzo di terra arida dove ha appena scavato due nuove tombe a Errouis, nei pressi di Zarzis (Sud), non lontano dalla Libia, da dove parte la maggioranza delle imbarcazioni di migranti. In migliaia hanno perso la vita durante la traversata, negli ultimi anni. “Non è perché hanno partecipato a una traversata illegale, spinti da miseria e ingiustizia, non meritano di essere sepolti con dignità e rispetto”, ha detto Marzoug alla France presse. L’ex pescatore oggi disoccupato, che ha anche lavorato con la Mezzaluna Rossa, ha raccontato di aver già sepolto centinaia di migranti in 12 anni.
A largo di Zarzis, i pescatori tunisini si sono spesso trovati in prima linea nel soccorso ai migranti. Solitamente sono loro infatti a intervenire e ad allertare le autorità. “Esci in mare per guadagnarti da vivere, ma torni con i migranti al posto dei pesci – ha raccontato il presidente dell’associazione locale dei pescatori, Chamseddine Bourassine – ma non puoi stare a guardare senza fare nulla mentre la gente muore”. Dall’inizio del 2017, stando ai dati ufficili, sono stati tratti in salvo 126 migranti e recuperati 44 corpi senza vita. “La guardia costiera deve garantire la sicurezza in questa zona al confine con la Libia – ha detto Sami Saleh, a capo delle operazioni a Zarzis – non si tratta di unità per il soccorso e non sono equipaggiate per recuperare i corpi senza vita. Con i nostri limitati mezzi, i nostri funzionari fanno del loro meglio, ma seppellire i morti non rientra nei loro compiti”. Nelle acque al confine con la Libia, le unità tunisine hanno infatti il compito di “controllare se ci siano individui sospetti, armi o esplosivi”.
Il responsabile della sede locale della Mezzaluna rossa, Mongi Slim, ha ammesso che c’è un “problema cimitero”, perchè le persone “non accettano che degli sconosciuti vengano sepolti nei lotti delle loro famiglie” nei cimiteri, che sono anche pieni. Ma Marzoug ha ottenuto il permesso ufficiale di seppellire i migranti in terreno lontano dalle case della città, nei pressi di una discarica. Le sepolture sono semplici e senza nome, ma Marzig, il cui figlio ha raggiunto nella stessa maniera l’Italia, ricorda tutte le persone che vi ha deposto: due bambini, di circa 4 e 5 anni, una donna senza testa, un uomo senza un braccio. “Le immagini dei loro corpi, specialmente quelli in via di decomposizione, si sono incise nella mia testa. Non è facile – ha ammesso – ma dobbiamo considerarli come nostri figli, nostri fratelli e sorelle”. L’ex pescatore ha quindi rivolto un appello “a tutto il mondo” perchè venga concesso un “cimitero decente dove si possano seppellire in modo appropriato i migranti, con una stanza per lavare i loro corpi e i mezzi per trasportarli”, precisando che “non è una questione che riguarda solo la Tunisia, ma tutta l’umanità”.