Svolta nelle indagini sullo scandalo Marrazzo. A rivelare novità significative sull’inchiesta che ha coinvolto l’ex governatore del Lazio, finito nel mirino della giustizia per un video in cui lo si mostrava in rapporti intimi con un transessuale e con apparente presenza anche di sostanze stupefacenti, è stato oggi Alfonso Signorini. Interrogato nel corso dell’udienza sul ricatto a Marrazzo, il direttore di ‘Chi’, ha dichiarato: “Quel video era non era pubblicabile, era una chiara violazione della privacy. Era mia dovere informare il mio editore, Marina Berlusconi a cui mostrai il video”.
Signorini ha poi spiegato che parlare di quel video, girato da quattro carabinieri, con il suo editore e Maurizio Costa, amministratore delegato del gruppo Mondadori, “era una cosa obbligatoria per la delicatezza del caso e per il personaggio coinvolto. Marina – ha continuato il giornalista – mi disse che ne avrebbe parlato con il padre Silvio, allora premier”. Signorini ha aggiunto che “dopo qualche giorno, Marina mi chiamò al fine di prendere contatto con l’agenzia Masi e per dirmi che suo padre aveva parlato con Marrazzo e che quest’ultimo avrebbe contattato la stessa agenzia. Anche per Silvio Sircana (l’allora portavoce del premier Prodi immortalato mentre parla con un trans in una strada di Roma), informai i vertici aziendali, anche se in quel caso non era in gioco la violazione della privacy ma quella della sfera sessuale. Di quel video tenni una copia nel mio pc che poi consegnai ai carabinieri del Ros”.
Intanto nel corso dell’udienza si è stabilito che i titolari I dell’agenzia fotografica Masi, non dovranno rispondere dell’accusa di ricettazione in relazione al video del 2009 nel quale compare l’ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, in casa del trans Natali.
Secondo i giudici nell’operato di Domenico Masi e Carmen Pizzutti, titolari dell’agenzia, che piazzarono il video girato con un telefonino dai carabinieri infedeli, non sarebbero emersi indizi di reità. Alla luce di questa decisione l’avvocato che assiste Antonio Tamburrino, il carabiniere accusato di ricettazione, ha chiesto l’assoluzione ritenendo che la posizione del suo assistito è analoga a quella dei due titolari dell’agenzia di foto. Su questa istanza il tribunale si è riservato di decidere.