Inchiesta sulla zona rossa a Nembro e Alzano, i pm incontrano il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ascoltato come persona informata sui fatti.
È durata tre ore l’audizione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ascoltato come persona informata sui fatti. Secondo quanto raccolto e riferito da il ‘Corriere della Sera’, al Presidente del Consiglio sarebbe stato chiesto di fare luce su quanto accaduto tra il 3 e il 9 marzo, quando vennero inviate le forza dell’ordine e l’esercito nella bergamasca ma non fu istituita la zona rossa. Il CorSera riporta anche le cinque domande che sarebbero state poste al premier.
Di seguito le domande come riportate dal ‘Corriere della Sera’:
1- Dopo l’aumento dei contagi e la richiesta del comitato tecnico scientifico di dichiarare ‘zona rossa’, con chi si consultò?
2-Non risulta che la Regione Lombardia avesse presentato richieste formali, ci furono contatti informali?
3-Se la Regione Lombardia non aveva presentato richieste formali, perché si decise comunque di mobilitare l’esercito e di potenziare i contingenti delle forze dell’ordine?
4- Dopo la seconda richiesta degli scienziati, resa nota con una lettera del presidente del Comitato tecnico scientifico Silvio Brusaferro, consultò la Regione Lombardia?
5- Conte ha già dichiarato che si preferì chiudere l’intera Regione anziché soltanto i due paesi. Esaminò questa ipotesi con il governatore Attilio Fontana o con l’assessore Giulio Gallera?
‘Ogni passaggio è stato chiarito’, sono state le prime parole di Conte dopo l’audizione. La Pm Rota ha fatto sapere che il confronto è avvenuto in un clima disteso e di massima collaborazione.
Parlando con la stampa alla vigilia dell’audizione il premier Conte si era detto sereno o comunque non preoccupato. Tornando indietro, aveva riferito ai giornalisti, come riportato dall’AGI, farebbe lo stesso, quindi non istituirebbe la zona rossa.
‘Ai pm ho spiegato tutto per filo e per segno. Sono assolutamente tranquillo…’, dice, in un colloquio con il direttore della Stampa, Massimo Giannini, il premier Giuseppe Conte. Ho chiarito tutto quello che c’era da chiarire – spiega Conte -, ho illustrato tutti i passaggi di quei terribili giorni in cui combattevamo contro un nemico invisibile. Non ho nulla da temere. Come ho detto ai magistrati la cronologia dei fatti è chiarissima: alla luce del quadro epidemiologico di cui disponevamo in quella prima settimana di marzo, non avrebbe avuto alcun senso chiudere solo i comuni di Alzano e di Nembro. Il nostro problema, già in quelle ore, era studiare soluzioni drastiche e immediate per tutta l’Italia. Ed è quello che abbiamo fatto. Perché – continua -, c’è una grande differenza tra le scelte che facemmo nei due comuni della bergamasca e quelle che invece prendemmo a Codogno e Vo’ Euganeo. In questi ultimi due casi eravamo agli inizi della pandemia, e non avevamo ancora alcuna contezza dell’esistenza di altri focolai nel resto del Paese. Viceversa, quando abbiamo affrontato il caso di Alzano e Nembro eravamo già di fronte a un’emergenza nazionale. E l’abbiamo affrontata come tale – sottolinea – , applicando la zona rossa, o arancione, in tutto il territorio italiano.
Il nodo principale che gli investigatori dovranno sciogliere è quello legato alle possibili responsabilità. Chi doveva istituire la zona rossa a Nembro e Alzano? Per Gallera e Fontana la decisione spettava al governo, per Palazzo Chigi i vertici della Regione Lombardia avevano la possibilità di procedere con la chiusura nel rispetto delle regole, della legge e della Costituzione.
Bisognerà chiarire se nel rimpallo di responsabilità tra la Lombardia e il governo ci siano responsabilità e – qualora ci fossero – di che tipo.
Alla domanda se teme il pensiero che prima o poi possa scattare anche l’avviso di garanzia, Conte risponde: ‘Assolutamente no, io non sono ovviamente responsabile delle indagini, ma non mi aspetto alcun avviso di garanzia, né l’ho mai temuto. Come ho già detto più volte, ho la consapevolezza di aver agito in scienza e coscienza, ed ho la serenità di chi ha sempre concordato ogni passo con il Comitato Tecnico Scientifico’.
‘Le audizioni si sono svolte in un clima di massima distensione e di massima collaborazione istituzionale’, ha detto il procuratore di Bergamo Maria Cristina Rota in una dichiarazione dopo aver sentito a Palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte e i ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgese come persone informate sui fatti.
Maria Cristina Rota, la pm che indaga su Conte e le mancate zone rosse in Val Seriana è cresciuta alla scuola di Armando Spataro, ex procuratore a Milano ai tempi del pool di ‘Mani pulite’.
Da settembre 2018 procuratore aggiunto a Bergamo, oggi Rota è stata la protagonista indiscussa della giornata politico-giudiziaria recandosi a Palazzo Chigi per ascoltare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgese sulla mancata zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro.
Il primo caso che la porta alle luci della ribalta è di cronaca nera, l’omicidio di suor Maria Laura Mainetti, avvenuto il 6 giugno del 2000 a Chiavenna. L’allora sostituto procuratore minorile di Milano incastrò le tre responsabili, tre ragazzine minorenni che avevano massacrato la suora a coltellate.
Una indagine in cui la Rota fu tra i primi magistrati ad utilizzare le intercettazioni telefoniche per risolvere un caso di cronaca nera. Sue le indagini che portarono all’arresto di Antonino Porcino, per 31 anni direttore del carcere di Bergamo, così come quelle sul fallimento della Maxwork e sulla cosiddetta “banda del Ragno” dedita a usura ed estorsioni.