Matteo Renzi fa capolino nella sala preparata con rigore alla Johns Hopkins di Bologna quando Romano Prodi è già seduto e sta rispondendo ai giornalisti assieme al politologo francese Marc Lazar. Il leader del Pd va a dare la mano al Professore. Saluto veloce, formale. Poi si accomoda. ‘Mi sono seduto alla sua sinistra’, farà notare subito dopo con un ghigno autoironico, a chi gli chiede che effetto gli aveva fatto risedersi accanto a Prodi.

L’attesa era tutta per loro. Renzi e Prodi. L’ultimo faccia a faccia ufficiale fu a Palazzo Chigi nel dicembre 2014, dopo un’infuocata assemblea Pd, con la corsa al dopo Napolitano già avviata e il ‘tradimento’ dei 101 franchi tiratori contro il Prof una ferita del recente passato. ‘Tra noi i rapporti sono rarissimi’ chiarí una volta il fondatore dell’Ulivo. Anche se la prodiana Sandra Zampa, che osserva da vicino la stretta di mano alla Johns Hopkins, getta acqua sul fuoco: ‘Ma i due si sentono spesso’.

Grandi temi come il futuro dell’Europa, la Francia macroniana, le sfide italiane mettono a sedere l’uno accanto all’altro i due ex premier, in questo dibattito organizzato dal centro studi bolognese Nomisma, una creatura del Professore. Lazar, sociologo politico francese esperto di sinistra, si intrattiene a lungo con Prodi. Spiega che l’Italia sí, può essere considerata un po’ più instabile, se si considerano le incognite legate alla legge elettorale  e quindi, alla data del voto incerta, ma che non bisogna dare per scontato che ora la Francia sia più stabile perché al nuovo presidente Macron manca ancora la prova delle legislative. Sul tema legge elettorale, dal canto suo, Renzi assicura che  il Pd è unito e ha come obiettivo di consentire un sistema che permetta la governabilità. Poi aggiunge: ‘E’ chiaro che da soli non abbiamo i numeri e di conseguenza molto dipenderà da quello che vorranno fare anche gli altri.

Sia Prodi sia Lazar fanno ragionare gli studenti Johns Hopkins, che prendono appunti senza sosta,  -sulle tante novità del nuovo inquilino dell’Eliseo. Il contrasto tra le idee economiche liberali ma alla francese  e le politiche sociali e migratorie che strizzano l’occhio più alla sinistra, oltre al grande dilemma della riforma del lavoro. Una scommessa questa che, dice Lazar, accomuna, Macron al Jobs act di Renzi.