India: una economica alla conquista del mondo

Tra i Paesi cosiddetti BRIC o potenze emergenti trova un novero particolare lo sviluppo che negli ultimi anni sta assumendo l’economia dell’India. Questo territorio con una popolazione di 1milione di persone, per cui seconda per popolosità solo alla Cina, ha raggiunto in questi anni un PIL nominale di oltre 110 miliardi di dollari nell’esercizio  finanziario. l’India si conferma così una fra le maggiori economie del mondo, classificata dalla Banca Mondiale al dodicesimo posto. Nella classifica del PPP (Parità del Potere d’Acquisto) della Banca Mondiale, essa si pone al quarto posto a livello internazionale, mentre risulta essere al secondo posto per il livello più rapido di crescita, dopo la Cina. Persiste però un forte e crescente disequilibrio nella distribuzione della ricchezza, con un indice di Gini stimato dalle Nazioni Unite che è passato dal 29,6% del 1991 al 36,8% del 2004 (79° posto). Le statistiche mostrano un incremento costante dell’economia negli ultimi quattro anni con una crescita media dell’8.8%. La crisi economica globale ha colpito allo stesso tempo anche l’economia indiana, che nel 2008/2009 ha registrato un rallentamento della crescita al 6% e, secondo le stime dell’ Economist Intelligence Unit, si attesterà al 7% nei prossimi anni. La causa principale dell’attuale rallentamento della crescita economica indiana e’ da attribuirsi alla evidente “crisi” del settore manifatturiero, legata sia all’aumento dei costi di produzione (dai salari all’energia), sia alla diminuzione della domanda (soprattutto estera) provocata dalla crisi dei sub-prime negli Stati Uniti e dal difficile contesto finanziario internazionale. Uno dei problemi dell’India è inoltre l’inflazione, la media annuale del 2009 si è attestata al 10,9% e la stabilizzazione dei prezzi continua ad essere uno degli obiettivi primari della politica monetaria del Governo, le manovre della Reserve Bank of India sui tassi di interesse in questi anni sono andate proprio in questa direzione. Per cui si conferma il trend del sistema bancario a concedere sempre più credito al consumo, assecondando la crescente propensione della emergente classe media indiana. A riguardo dei sistemi di valutazione di Rischio Paese, le valutazioni SACE classificano l’India nella classe A, fra i Paesi assicurabili senza particolari restrizioni. La categoria di rischio OCSE è la 3/7 (si consideri che alla 1° categoria corrisponde il rischio minore ed alla 7° categoria il rischio maggiore) e la categoria del Consensus è la seconda. Valutando attentamente il sistema economico indiano si nota che esso sta progressivamente cambiando forma. Da economia rigidamente pianificata sin dall’indipendenza, l’India ha assimilato negli ultimi anni il libero mercato ed i principi su cui esso si fonda. Nonostante questo, l’integrazione del Paese nel sistema multilaterale degli scambi, avviata nel 1991 assieme al processo di riforme interne, è ancora un’opera da completare che la complessa democrazia indiana, con i suoi contrappesi e logiche consensuali persegue in maniera non sempre lineare. Ampi settori del Paese vedono ancora forti restrizioni al capitale estero (a cominciare dal settore finanziario) e le procedure di autorizzazione scontano ancora molte farraginosità burocratiche. Il Governo indiano inoltre non sembra al momento in grado di pagare il costo politico di un’apertura del mercato agricolo interno alle produzioni sussidiate statunitensi ed europee. La struttura del comparto agricolo indiano, fortemente frammentato e scarsamente produttivo, impone al governo di New Delhi cautele che sono sconosciute ad altri Paesi. Per quanto riguarda l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli (NAMA), la posizione indiana e’ invece più’ flessibile, mentre enorme importanza viene attribuita al negoziato sui servizi (GATS), soprattutto in quanto bacino di manodopera altamente qualificata: l’India propende in particolare per un regime più liberale per il movimento delle persone fisiche e per l’eliminazione delle restrizioni alle prestazioni transfrontaliere. L’Unione Europea si sta predisponendo a negoziare con l’India un Free Trade Agreement (FTA) che riguarda sia il commercio di beni e servizi sia gli investimenti. Sull’esito del negoziato ancora una incognita dovuta alla reale volontà indiana di negoziare un sostanziale abbattimento delle barriere sia tariffarie sia non tariffarie. La crescita economica fa sì che negli ultimi anni anche gli scambi commerciali tra Italia ed India siano aumentati e tra le principali esportazioni indiane verso l’Italia ricordiamo: tessili e abbigliamento; veicoli e loro parti; accessori per abbigliamento; cotone; ferro e acciaio; calzature e loro parti; prodotti chimici organici; macchine e componenti per industria meccanica; macchine elettriche e loro parti; pelletterie in genere; altri prodotti tessili; pelli grezze e cuoio; caffè, thè, spezie; pietre e sali naturali; macchine ed impianti elettrici; pietre preziose e perle; articoli in ferro e acciaio; plastica; estratti per concia delle pelli, pigmenti e colori; fibre tessili artificiali; pesci e crostacei. Viceversa le maggiori importazioni dell’India dall’Italia riguardano: macchine e componenti per industria meccanica; macchine elettriche e loro parti; prodotti chimici di base; macchine utensili; apparecchi audiovisivi; articoli in ferro e acciaio; articoli ottici, fotografici, di misura e medicali; forniture per progetti specifici; prodotti chimici vari; veicoli e loro parti; motori, generatori e trasformatori elettrici; prodotti farmaceutici; utensileria in metallo. Sono proprio queste nuove caratteristiche di apertura verso gli scambi ed il mercato internazionale che per i più rappresentano nuove opportunità e prospettive e che la stessa India pone come sfida alla sua crescita economica.

Maria Gravano

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