L’insalata in busta, seppur comoda, non sempre è sinonimo di qualità. Scopriamo perché.
Si tratta di verdura di IV gamma: sbucciata, lavata, tagliata e confezionata. Ciononostante, una volta a casa andrebbe rilavata, soprattutto se destinata a donne incinte, a rischio di toxoplasmosi.
Questa insalata va consumate nel giro di 5-7 giorni, rispettando la data di scadenza, per evitare proliferazione dei batteri ed alterazione delle caratteristiche organolettiche. Al momento dell’acquisto, controllate la data di scadenza e che la confezione sia integra e sigillata; una volta a casa, poi, evitate di riporla nel cassetto per la frutta e verdura, dove si trovano temperature superiori ai 4°; meglio metterle nei ripiani centrali.
Prima di portarla in tavola, verificate che le foglie non si siano alterate; odore di rancido? gettate nel sacchetto dell’umido. Controllate anche il colore e che non ci sia essudato sul fondo della busta.
Poi, risciacquate e consumate subito. Sono diversi i motivi per cui preferire l’insalata fresca a quella in busta. Intanto, quella in busta è più costosa. Poi, anche se privata degli elementi di scarto ed etichettata, non è sterilizzata, perde rapidamente le vitamine e dura meno.
Ma non è tutto, a dissuadere dall’acquisto di insalata in busta ci si mette anche l’ambiente: equivale ad un utilizzo eccessivo di plastica e contribuisce allo spreco d’acqua, a causa del doppio lavaggio necessario.