Nelle ultime due settimane ci sono state giornate amare e dolci, un punto di svolta nella storia. I due grandi avvenimenti dei funerali del generale Qassem Soleimani e del giorno in cui l’Iran ha attaccato le basi Usa sono stati ‘Giorni di Allah’. I due episodi, miracoli delle mani di Allah, hanno mostrato il potere di una nazione che ha dato uno schiaffo in faccia agli Usa e che la volontà di Allah è continuare il cammino e conquistare la vittoria”. Lo ha detto la Guida suprema iraniana Ali Khamenei nel suo primo sermone dopo 8 anni alla preghiera islamica a Teheran.
Con l’attacco missilistico contro la base militare statunitense in Iraq della settimana scorsa, l’Iran “ha colpito il prestigio e l’orgoglio dell’America”. Così stamane la guida suprema della Rivoluzione iraniana ayatollah Ali Khamenei durante un atteso sermone nella grande moschea. A Teheran un’immensa folla ha assistito alla preghiera guidata dal leader religioso e l’intervento è stato trasmesso in diretta dalla Tv di stato. Khamenei, parlando dello scontro tra Iran e Stati Uniti, l’ha paragonato alla “resistenza opposta da Mosé ai Faraoni” egiziani, superpotenza dell’epoca.
La “tragedia amara” dall’abbattimento dell’aereo ucraino a Teheran “non deve oscurare il sacrificio di Soleimani”.
”Il fatto che l’Iran abbia il potere di schiaffeggiare un arrogante” come gli Stati Uniti ”dimostra che Dio ci sostiene”.
In riferimento all’attacco condotto dai Guardiani della Rivoluzione iraniana (i Pasdaran) contro due basi americane in Iraq e alla folla che ha partecipato alle cerimonie funebri per il generale Qassem Soleimani, Khamenei ha parlato di ”giorni divini”.
“Il presidente terrorista dell’America”, Donald Trump “ha commesso il crimine” di uccidere il generale iraniano Qassem Soleimani “non nel campo di battaglia, ma in modo vigliacco”. Soleimani “combatteva nelle prime linee contro i terroristi dell’Isis. Era il più importante comandante nei combattimenti contro l’Isis in Siria e in Iraq ma gli americani non hanno avuto il coraggio di affrontarlo sul campo di battaglia e lo hanno ucciso mentre era in vista a Baghdad dietro invito del governo iracheno”, ha rimarcato Khamenei.
Intanto undici soldati americani sono stati ricoverati in ospedale dopo avere accusato sintomi di commozione cerebrale ad alcuni giorni dall’attacco missilistico iraniano alla base irachena di Al-Asad. Lo ha confermato alla Cnn il capitano Bill Urban, portavoce del comando centrale degli Stati Uniti, che sovrintende alle truppe in Medio Oriente. Il Pentagono, all’indomani dell’attacco, aveva affermato che vi erano stati danni alle strutture ma non alle persone.
“I sintomi sono emersi alcuni giorni dopo il fatto e sono stati trattati con abbondante cautela”, ha precisato Urban interpellato dalla Cnn sulla discrepanza dalle prime informazioni fornite dal Pentagono.
Era stata inizialmente la coalizione anti-Isis a dichiarare in una nota che “mentre nessun membro del servizio americano è stato ucciso nell’attacco iraniano dell’8 gennaio alla base aerea di Al Asad, molti sono stati curati per sintomi di commozione cerebrale dall’esplosione e sono ancora in fase di valutazione”.
Il portavoce del Pentagono ha poi precisato che otto persone sono state trasportate al Landstuhl Regional Medical Center in Germania e tre sono state inviate a Camp Arifjan in Kuwait per “accertamenti”.
“La procedura standard prevede che tutto il personale presente sul luogo di una esplosione venga sottoposto a screening per lesioni cerebrali traumatiche e, se è il caso, viene sottoposto ad un livello di assistenza più elevato”, ha detto. “Tutti i soldati nelle immediate vicinanze dell’esplosione sono stati visitati e valutati secondo la procedura standard, secondo il Dipartimento della Difesa. Se saranno ritenuti idonei al servizio dopo lo screening, torneranno in Iraq”.