Israele: Netanyahu, se vinco elezioni niente Stato palestinese

L’unità di Gerusalemme sarà mantenuta in tutte le sue parti così come si continuerà a costruire e fortificare la città per impedire ogni sua futura divisione. Lo ha detto, citato dai media, il premier Benyamin Netanyahu che oggi,  alla vigilia delle elezioni, ha visitato la colonia ebraica di Har Homa nei pressi di Gerusalemme est. Netanyhu ha detto in un’intervista di domenica al sito israeliano Nrg che se rivincerà le elezioni si opporrà alla nascita di uno Stato palestinese e che Israele si trova ad affrontare una serie di pressioni internazionali che chiedono “il ritorno di Israele ai confini del ’67 e la divisione di Gerusalemme”. Sono quasi 6 milioni (5.9) gli israeliani che domani voteranno nelle elezioni politiche per dare un nuovo governo al paese. In lizza ci sono 25 partiti, comprese molte liste minori, ma quelle che possono aspirare a superare la soglia elettorale di sbarramento (3,25%) sono, secondo gli attuali sondaggi, sostanzialmente 11. In palio ci sono i 120 seggi della Knesset, unica rappresentanza parlamentare del paese, giunta alla sua 20esima legislatura. A fronteggiarsi per il primato sono essenzialmente due forze: da un lato il Likud (destra) del premier Benyamin Netanyahu da nove anni al potere, dall’altro ‘Campo sionista’, alleanza di centrosinistra formata da Isaac Herzog, leader dei laburisti, e da Tizpi Livni, guida dei centristi di ‘Hatnua’ (Movimento). Gli ultimi sondaggi danno un distacco di circa 4 seggi a favore di ‘Campo sionista’ (24/25) contro il Likud (20/21).  Al terzo posto con circa 13 seggi, ci sarebbe la ‘Lista araba unita’ – prima volta nella storia del paese – guidata da Ayman Odeh. Subito dopo, a 12 seggi i centristi di ‘Yesh Atid’ (C’è speranza) dell’ex ministro delle Finanze Yair Lapid, seguiti da ‘Focolare ebraico’ – destra nazionalista religiosa vicina al movimento dei coloni – di Naftali Bennett. A 9 seggi c’è la nuova formazione di centrodestra ‘Kulanu’ (Noi tutti), guidata da Moshe’ Kahlon ex Likud. Dopo questa, a 8 seggi, i religiosi di Shas e, a 6 seggi, ‘Uniti nella Torah’, altra lista di religiosi. A 5 seggi, sia la sinistra di ‘Meretz’ sia la destra nazionalista di ‘Israel Beitenu’ (Israele casa nostra) dell’attuale ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Fuori sbarramento elettorale resterebbero, allo stato attuale, tutte le altre liste. I seggi elettorali, circa 10mila (2.700 per gli infermi), apriranno alle 7 locali di martedì 17 (le sei in Italia) per chiudersi alle 22 (le 21 in Italia). Ha diritto al voto il maggiore di 18 anni, è cittadino israeliano ed è iscritto all’anagrafe in Israele. Chi è residente all’estero non può votare, mentre è possibile per chi è impiegato in strutture statali israeliane all’estero (ambasciate, consolati, eccetera). Questi ultimi hanno già espresso le loro preferenze nei giorni scorsi. Il sistema di voto è semplice: dopo l’identificazione, l’elettore riceve una busta. Si reca nell’urna dove trova i biglietti di ciascuna lista: sarà uno di questi, e solo uno, a poter essere infilato nella busta che sarà messa nell’urna. Il totale dei voti considerati validi è diviso per 120, il numero dei seggi alla Knesset. I ‘resti’ sono spartiti anche sulla base di accordi fra le liste: chi ha maggiori resti da vantare si aggiudica un seggio un più. Ad affidare l’incarico di formare il nuovo governo, in base ai risultati elettorali, sarà il presidente Reuven Rivlin. Il giorno delle elezioni in Israele è festivo ma sono assicurati trasporti pubblici e i servizi di emergenza. I primi exit pool saranno diffusi alle 22, a chiusura delle urne. Tutti i canali tv hanno in programma speciali e dirette sul voto e sui suoi risultati.

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