In Italia 7,4 milioni di famiglie, circa una su tre, vivono di pensione. Nel senso che gli assegni sono la principale fonte di reddito. Un dato che la dice lunga sull’invecchiamento della popolazione e su quanto la pensione sia diventata fondamentale per andare avanti. Un ammortizzatore sociale strategico in epoca di ‘lavoretti’. Tanto che “la presenza di un pensionato all’interno di nuclei ‘vulnerabili’ consente “quasi di dimezzare l’esposizione al rischio di povertà”. Insomma i nonni fanno da paracadute e ‘salvano’ figli e nipoti. A certificarlo è l’Istat che fa il conto sulle famiglie con anziani, ma il fenomeno ha proporzioni ancora più ampie perché spesso si condivide l’assegno pur vivendo sotto tetti diversi.
Scatta evidentemente una solidarietà familiare tra generazioni che supera nel concreto il dibattito sui ricalcoli e gli altri possibili interventi di bilanciamento. Certo una cosa è quando a trattare di ‘diritti acquisiti’ sono genitori e figli, un altro quando a decidere è lo Stato. Inoltre chi si ritira oggi ha iniziato a lavorare negli anni Settanta e Ottanta, cumulando l’anzianità contributiva in tutt’altro mondo. L’Istat lo dice in modo chiaro: “é progressivamente aumentato il peso delle pensioni maturate nelle fasi di maggiore crescita economica”. Per chi invece adesso è alle prese con il mercato del lavoro la situazione è più difficile e il tutto si riflette sul reddito: “in termini nominali l’importo medio delle prestazioni del 2018 è aumentato del 70% rispetto a quello del 2000, con una dinamica più marcata rispetto a quella registrata dalle retribuzioni”. Ma non tutti i pensionati possono far affidamento su certi budget. Più di uno su tre, il 36,3%, riceve ogni mese meno di mille euro lordi, il 12,2% non supera i 500. E’ l’Istat stesso a denunciare “l’ampia disuguaglianza di reddito tra i pensionati”. Divari che si riflettono sul territorio – il Nord assorbe metà della spesa – e sulle donne che risentono di carriere discontinue.