Alle sei di stasera Berlusconi varcherà per l’ottava volta il portone di Palazzo Chigi con il preciso intento di sigillare definitivamente il Patto del Nazareno, sbloccando la fase di stallo con un accordo. Renzi è stato chiaro: “O si sblocca subito oppure salta il patto del Nazareno”. Berlusconi si è fatto dare ieri dal comitato di presidenza di Forza Italia un “pieno mandato”. In pratica, pieno mandato sta a significare che l’unica parola che conta è la sua per riuscire a rimettere nei binari il Patto del Nazareno. Diversamente, l’intesa sulle riforme salta. Sia Renzi che Berlusconi non vogliono, in realtà, chiudere la porta buttando la palla in tribuna. Il Cavaliere vede le carte, ma respinge qualsiasi diktat e questo per rilanciare l’orgoglio di partito che scaturisce dalla pace fatta ieri con Raffaele Fitto. Renzi, dal canto suo, vuole rispettare l’impegno di maggioranza e chiudere il tutto entro il 31 dicembre. In soldoni, Berlusconi va all’incontro con Renzi pronto a dire “si” al premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione, e dire “no” all’abbassamento della soglia di sbarramento al 3%. Berlusconi parla di “governabilità”, elegante termine per dire riforme condivise, e Renzi a Porta a Porta dice: “Le regole del gioco si fanno insieme, ma non è detto che se Forza Italia non è d’accordo non si fanno”. Il “pieno mandato” vuol dire anche che Berlusconi vuole ritornare al centro del grande gioco, mettendo la sua firma sotto la nuova legge elettorale ed inserendo all’interno del “rinnovato Patto” anche il premio del Quirinale, ovvero essere parte in causa nella nomina del successore di Napolitano. Comitato di presidenza a parte, a Berlusconi l’azienda Mediaset, ovvero Confalonieri e figli, teme che Forza Italia possa finire in un angolino del Parlamento a fare opposizione. Mediaset sta andando male e chiude i primi nove mesi del 2014 con una perdita di 46,8 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In linea di principio un accordo sarà necessario. Qualcosa, è ovvio, dovrà cederla anche il premier. La tensione è comunque alta, come dimostra il duello tra Renato Brunetta e Luca Lotti. “Se l’Italicum cambia, il patto non c’è più”, va giù duro il capogruppo azzurro contro le modifiche introdotte alla riforma nel vertice di maggioranza di ieri notte. “Se Brunetta esprime la posizione di Berlusconi, è inutile incontrarsi”, è l’altolà del braccio destro del premier, Luca Lotti. Dal vertice del parlamentino azzurro anche Paolo Romani esce chiedendo di azzerare le correzioni dell’Italicum, unendo però la rassicurazione che gli azzurri “restino in campo per le riforme”. Il rinvio della calendarizzazione della riforma alla riunione di domani della commissione Affari istituzionali del Senato fa capire come lo stallo della politica si rifletta sui tempi del parlamento. Al di là della cortina fumogena delle minacce, il premier non ha ancora suonato il gong. I pontieri, a quanto si apprende, sono ancora al lavoro ed il messaggio recapitato a Berlusconi è che, se torna al tavolo, i margini di trattativa rispetto all’accordo di maggioranza ci sono ancora. Sia sulla soglia di sbarramento al 3%, sia sul rapporto tra eletti con le preferenze e capilista bloccati, si può ancora discutere. Le uscite di fedelissimi renziani, come Ernesto Carbone, contro l’ipotesi dell’allargamento dei collegi è un messaggio cifrato a Fi che sul numero degli eletti blindati si può ancora discutere. Imprescindibile per il premier è il premio di maggioranza alla lista.
Cocis