‘Bisogna trovare misure sia per l’accoglienza dei migranti, sia per la loro integrazione, al fine di permettere loro di inserirsi: la Santa Sede ribadisce i suoi principi, poi toccherà alla politica italiana decidere, osservo che il dibattito è molto acceso’, è quanto risponde il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, a proposito della legge sullo ius soli, a margine del convegno ‘Iraq, ritorno alle origini’, organizzato dalla fondazione pontificia Acs – Aiuto alla Chiesa che soffre – nella Pontificia Università Lateranense.
Continua, quindi, e insistentemente, l’ossessiva predicazione della Santa Sede a favore dell’ emigrazione che esige dall’ Italia e dall’Europa di spalancare le frontiere a milioni di migranti, cosa che in realtà, le ha fatto perdere le simpatie di una grossa fetta di opinione pubblica. Ovviamente, oggi, parlare di Santa Sede è parlare di Bergoglio.
Le reazioni cristiane di fronte ai rifugiati e alle migrazioni sono caratterizzate da una certa confusione morale, e tutto ciò mentre non riescono ad affrontare le necessità reali. Occorre la ‘ragionevolezza’ perchè la politica delle porte aperte ha danneggiato proprio i Paesi di provenienza dei migranti privandoli delle energie migliori per la ricostruzione.
Inoltre danneggia i poveri e i lavoratori dei paesi europei perché lo ‘Stato sociale’ non può provvedere a loro e a milioni di stranieri bisognosi che arrivano. Non ci sono le risorse.
Il diritto di emigrare dal proprio Paese non significa che si ha automaticamente diritto di immigrare dove si vuole.
Uno scrittore cattolico francese, Henri de Saint-Bon, esperto di Islam e di Chiese orientali, autore di vari libri, ha pubblicato una Lettera aperta a papa Francesco che merita di essere considerata attentamente.
Saint-Bon, con un tono molto rispettoso, esprime il suo ‘smarrimento’ di fronte alle recenti dichiarazioni del papa sull’ immigrazione e l’ Europa. Perché hanno ‘urtato’ la sua sensibilità di cattolico e hanno ferito molto profondamente i francesi fieri della loro nazione che essi sentono il dovere di difendere e proteggere.
L’ autore afferma che le dichiarazioni bergogliane ‘ignorano il concetto di nazione costitutivo naturale di ogni società’.
Saint-Bon riconosce, come ogni buon cattolico, che i credenti hanno il dovere della carità: ‘Essa è dovuta, mi pare, allo straniero di passaggio o temporaneo. Ma non sapevo che consistesse nel dar da mangiare e da bere in modo duraturo a colui che irrompe a casa vostra e che vi impone le sue leggi. Che cosa farà Vostra Santità quando dei migranti verranno ad installarsi, contro il Suo volere, anche all’ interno del Vaticano, o all’ interno di Casa Santa Marta, e Le imporranno la costruzione di una moschea e l’ osservanza del Ramadan? Certo, non tutti i migranti sono musulmani, ma molti lo sono, con la volontà, alla lunga, di imporre l’ islam in Europa’.
Papa Francesco predica bene ma razzola male e il Vaticano peggio. Certo è facile dire, come ha fatto Papa Francesco, che ‘Respingere i migranti è un atto di guerra’.
Riguardo ad un passaggio del testo di Saint-Bob basterà ricordare che pochi giorni fa sono stati allontanati da Piazza San Pietro i clochard che vivono in zona per esigenze di ‘decoro’ pubblico.
Una decisione che è stata assunta dalla Gendarmeria.
‘Sono state esclusivamente ragioni di sicurezza ad aver determinato l’allontanamento dei senza fissa dimora da alcune aree extraterritoriali nei pressi del Vaticano’, fu detto dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke, ‘I clochard possono tornare la sera a dormire sotto i propilei dell’ultimo tratto di via della Conciliazione e sotto il colonnato di piazza San Pietro per porteggersi dalla pioggia. Ma di giorno non possono più restare per ragioni di sicurezza: le loro borse e valigie non possono essere continuamente controllate e non sempre si riusciva poi a sapere di chi erano quando le lasciavano per andarsene in giro’.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, precisa nel suo paragrafo 2241, che: ‘L’ immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che lo accoglie, a obbedire alle sue leggi, e a contribuire ai suoi oneri’.
Peraltro sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno sempre affermato che il primo valore da difendere è ‘il diritto di non emigrare’ perché dover lasciare la propria terra è un’ ingiustizia, non è un bene come fa credere Bergoglio.
Ratzinger fu chiaro: ‘Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati’.
Ma il magistero di Benedetto XVI è stato anche più chiaro.
Nel discorso ai Sindaci dell’ Anci, all’ udienza del 12 marzo 2011, disse: ‘Oggi la cittadinanza si colloca, appunto, nel contesto della globalizzazione, che si caratterizza, tra l’ altro, per i grandi flussi migratori. Di fronte a questa realtà bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza sociale e si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana’.
Questa necessità di difendere la tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana è centrale nell’ insegnamento di Benedetto XVI. Ed è pressoché inesistente nei continui interventi di Bergoglio sull’ emigrazione.
E’ inesistente, in Bergoglio, il riconoscimento della laicità dello Stato che ha compiti e doveri (di difesa del territorio, della sicurezza e del benessere popolo italiano), diversi rispetto alla Chiesa che deve insegnare l’ amore al singolo cristiano.
Forse con Papa Francesco si è materializzata l’immagine del ‘Papa Re’ che possiede sia il ruolo di guida del cattolicesimo, sia di quello di sovrano dello Stato Pontificio.
In uno Stato il sovrano è, nel senso proprio del termine, il soggetto che detiene la sovranità, intesa come quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello stato.
In questo caso Papa Francesco è il sovrano dello Stato Pontificio nell’accezione più vasta del termine cosa che, comprende di fatto, anche lo Stato Italiano…
Roberto Cristiano