L’attesa di questi giorni riguarda anche la modalità con cui l’esecutivo si approccerà ad alcune questioni. Una di queste è l’aumento dell’Iva.
Paolo Zabeo della Cgia ha dichiarato: ‘Bisogna assolutamente evitare l’aumento dell’Iva. Non solo perché colpirebbe in particolar modo le famiglie meno abbienti e quelle più numerose, ma anche perché il ritocco all’insù delle aliquote avrebbe un effetto recessivo per la nostra economia. Ricordo che il 60% del Pil nazionale è riconducibile ai consumi delle famiglie. Se l’Iva dovesse salire ai livelli record previsti, per le botteghe artigiane e i piccoli commercianti sarebbe un danno enorme, visto che la stragrande maggioranza dei rispettivi fatturati è attribuibile alla domanda interna’.
Nel 1973 l’aliquota ordinaria era al 12%, mentre ora si attesta al 22%, con un aumento di 10 punti. La Germania ha subito invece una variazione di 8 punti, passando dall’11 al 19%, l’Olanda ha invece avuto un aumento di 5 punti, passando dal 16 al 21%. La Francia è l’unico Paese in questa comparazione che non ha registrato alcun incremento.
Il segretario della Cgia Renato Mason ha osservato: ‘Se è vero che in questi 45 anni abbiamo subito l’incremento d’aliquota più significativo, è altresì vero che nel 1973 quella applicata in Italia era, tranne la Germania, la più contenuta. Tuttavia, se l’aumento previsto non sarà ulteriormente spostato in avanti, dal 2019 i consumatori saranno sottoposti all’aliquota Iva ordinaria più alta in Ue, con un serio rischio che l’economia sommersa assuma dimensioni ancor più preoccupanti’.
Tra beni e servizi colpiti dall’aumento dell’Iva ridotta ci saranno carni, pesce, spezie, cacao, prodotti della pasticceria e biscotteria, salse, cioccolato, condimenti composti, aceto, preparati per zuppe e minestroni, acqua minerale, legna da ardere in tondelli, ceppi; energia elettrica e gas metano metano per uso domestico; ristrutturazioni edilizie solo per dirne alcune.
Tra i prodotti invece che vedranno salire l’iva al 24,2% ci saranno vino; abbigliamento; calzature; riparazione di abbigliamento e calzature; elettrodomestici; mobili per fare qualche esempio.
Un aumento che, in ogni caso, comporterebbe non pochi problemi a quelle piccole e medie imprese che rappresentano lo zoccolo duro dell’economia italiana.