Jobs act: non è la riforma del lavoro, semmai il primo atto

Matteo Renzi e i suoi non hanno maturato una visione complessiva dei mutamenti che stanno attraversando l’economia globale e dei riflessi che hanno sul lavoro moderno. Manca ancora molto al raggiungimento della vetta e la scalata si presenta molto ardua e piena di ostacoli. L’unico risultati ottenuto ad oggi è che le imprese hanno più strumenti di prima per gestire le assunzioni e creare una politica del lavoro attenta alla redditività. Il 2015 che sta per iniziare sarà un anno decisivo per il nostro sistema industriale, da una parte saremo chiamati a triplicare il numero delle imprese che esportano, dall’altro sul mercato interno dovremo trovare il modo di consorziare le piccole imprese, di privilegiare e nel contempo rafforzare le specializzazioni dei distretti industriali e guardare con più attenzione ad un terziario troppo spesso considerato ai margini dell’attività produttiva del Paese. Dissentiamo ,però, da coloro che considerano il Jobs act come una sterile fotocopia di proposte elaborate da Confindustria, al contrario, riteniamo che con questo provvedimento il governo Renzi abbia aperto una breccia nel campo industriale, che si era soffermato solo a ragionare in termini di costo del lavoro. A questo punto la parola deve passare alle imprese, anche perché gli alibi del passato sono ormai esauriti, che devono partorire nuove idee, nuovi progetti, creare nuove opportunità di fare business; senza questo non ci sarà crescita e di conseguenza non aumenterà l’occupazione. Intanto la riforma del lavoro deve andare avanti, perché come innanzi detto siamo solo al primo atto; non si può assolutamente tralasciare la vicenda delle partite IVA o limitarsi alle solo emergenze dei minimi fiscali o degli esosi contributi previdenziali, occorre una riflessione più ampia sul contributo che il lavoro autonomo può dare in termini di sviluppo dell’economia nazionale. Come pure non si possono non coinvolgere gli appartenenti alle diverse professioni intellettuali nella rinascita del Paese. Evitiamo la loro emigrazione! L’ultimo impegno del Premier e del suo governo dovrà essere l’occupazione giovanile, ma attraverso le sue innumerevoli interviste non ci sembra pronto a prendersi un impegno. La paura di fallire è troppo grande.

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