John Elkann, presidente di Stellantis, ha deciso di rifiutare l’invito di un’audizione in Parlamento per discutere dei piani dell’azienda in Italia. Nella lettera inviata al presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, Alberto Luigi Gusmeroli (quota Lega), l’erede della famiglia Agnelli ha ribadito che “non abbiamo nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato” lo scorso 11 ottobre, aggiungendo di essere disponibile per “un dialogo franco e rispettoso. Stellantis prosegue le interlocuzioni con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy nell’ambito del tavolo di confronto istituito presso il dicastero, in attesa della convocazione ufficiale presso la Presidenza del Consiglio”, come previsto dalle mozioni approvate dalla Camera dei deputati il 16 ottobre. “La ringrazio per l’attenzione che Lei e i suoi Onorevoli colleghi state dedicando al settore dell’automotive e alle sue evoluzioni in Italia, in Europa e nel mondo”, la conclusione della lettera che non è bastata a placare la furia di (quasi) tutti i partiti, da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni al Pd di Elly Schlein.
Dunque, niente audizione davanti alle Commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato. Un rifiuto, quello del presidente di Stellantis, John Elkann, stigmatizzato dal premier Giorgia Meloni: «Avrei evitato questa mancanza di rispetto per il Parlamento». A nulla, a questo punto, è servita la telefonata dello stesso Elkann al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, per ribadire «l’apertura al dialogo con tutte le istituzioni» e dare nuove rassicurazioni sull’impegno industriale di Stellantis verso il Paese. Quella del premier è una replica durissima che raffredda ulteriormente i rapporti del governo con Stellantis e i suoi vertici.
«John Elkann non ha detto solo di no – attacca Giorgia Meloni, ospite di Porta a Porta – perché aspetto il tavolo del governo. Temo che a Elkann sfuggano i fondamentali della Repubblica italiana. Noi abbiamo fatto diversi tavoli con Stellantis, ma non hanno portato agli accordi di sviluppo. Quando il governo mette dei soldi, sono soldi degli italiani, che si possono spendere se questi ultimi ne traggono beneficio. Il 70% delle risorse per gli incentivi sono servite a comprare auto non prodotte in Italia, anche questa e una riflessione da fare, fermo restando che dovrebbe andare ad ascoltare quello che il Parlamento ha da chiedergli». Risposta, questa, alla precisazione di Elkann al presidente della Camera: «In questi decenni gli stipendi, gli oneri fiscali e previdenziali versati, la bilancia commerciale, gli investimenti fatti e le competenze che abbiamo formato, hanno superato di gran lunga i contributi ricevuti in Italia. E lo rivendichiamo con orgoglio visto che Stellantis, dalla nascita nel 2021, ha investito 2 miliardi l’anno. E con quello in corso siamo a 6 miliardi».
«Tavares è pro tempore, Elkann è invece presidente e azionista di Stellantis: una differenza sostanziale», il punto di vista di Gusmeroli, il quale ha sottolineato, nella lettera al presidente di Stellantis, la necessità «di un dialogo franco e rispettoso» con l’istituzione. Frase resa ancora più incisiva dal premier Meloni.
In sintesi, il Parlamento intende conoscere nel concreto quale piano ha Stellantis, in merito soprattutto alla continuità produttiva e al mantenimento dei posti di lavoro in Italia. «E il raggiungimento di questi obiettivi – scrive Gusmeroli – non può prescindere da una continuativa e sinergica interlocuzione tra impresa e istituzioni pubbliche, improntata al benessere di tutta la collettività». Il ministro Urso ha intanto convocato il tavolo Stellantis il prossimo 14 novembre. Con l’azienda, ci saranno i sindacati, i rappresentanti delle Regioni che ospitano gli stabilimenti e l’Anfia (filiera italiana).
Stellantis comunicherà i dati del terzo trimestre per i quali le stime del mercato sono negative. Sul settore incombe lo spettro dei casi Audi (stop alla produzione del Suv elettrico in Belgio) e Volkswagen (tre impianti tedeschi in bilico) con tutte le ricadute sugli occupati. Per Volkswagen, tra l’altro, terzo trimestre da dimenticare: l’utile netto è crollato del 63,7 per cento.
Tra i primi a scagliarsi contro John Elkann è stato Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. L’esponente del partito di Giorgia Meloni ha dichiarato a SkyTg24 che “è gravissimo che John Elkann non voglia venire a riferire in Parlamento, anche perché, fino a prova contraria, la vicenda Stellantis riguarda la tradizione dell’automotive italiano. È sconcertante che l’erede di chi è stato molto bravo a socializzare le perdite e privatizzare gli utili della Fiat snobbi il Parlamento”.
Elly Schlein, segretaria del Pd, ha sottolineato come “occorre stigmatizzare l’atteggiamento del presidente di Stellantis John Elkann” che ha declinato la richiesta di audizione in Parlamento “adducendo la motivazione che non vi sarebbero novità. Solo quattro giorni dopo la sua audizione l’amministratore delegato Tavares ha cominciato a parlare alla radio di non escludere licenziamenti”, inoltre nel frattempo c’è stato “da parte del Governo un taglio incredibile ed inspiegabile di 4,6 miliardi del fondo dell’automotive. Due novità che meritavano un confronto”.
Giuseppe Conte, leader del M5S, parla di John Elkann come “colui che negoziò la fusione Fca-Psa per rilanciare il comparto, con lui lo Stato italiano ha negoziato, in un momento di massima difficoltà, un prestito con garanzia dello Sato al 90%, con clausole ben precise. Sempre lui ha dato garanzie per Magneti Marelli e altri. Qui non si tratta di avere qualcuno sul banco degli imputati ed esporlo al pubblico disonore, ma di trovare tutti insieme la possibilità di uscire fuori insieme” dalle difficoltà. Lo riporta citando l’intervento in commissione riunita Attività produttive della Camera e Industria del Senato: “Ascoltando l’ad di Stellantis Tavares è sembrato quasi di essere di fronte a un commissario liquidatore. Quello che crea allarme è che non abbiamo avuto dispiegato nessun piano industriale concreto, rispetto agli impegni presi e alla prospettiva futura”.
Durissima la Lega di Matteo Salvini, che attraverso una nota parla di “vergognosa offesa alle istituzioni: prima Stellantis prende i soldi e scappa all’estero, ora John Elkann diserta il Parlamento. La sua presenza è un obbligo, non solo morale, per rendere conto al Paese di una gestione scellerata nonostante gli enormi contributi pubblici. La Lega ribadisce la propria solidarietà a tutti i lavoratori del gruppo Stellantis”.
“Il presidente di Stellantis Elkann ci ha fatto sapere che aspetta di andare a Palazzo Chigi, ma questo è il Parlamento, è un’altra cosa. Rivolgersi così al Parlamento è francamente inaccettabile, dobbiamo dirlo con chiarezza Ho avuto modo ieri di apprezzare le parole del presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che non solo hanno rinnovato questo invito a presentarsi in questo palazzo ma stigmatizzato un comportamento che rischia di configurarsi molto grave”. Lo afferma Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra, ripreso durante la commissione attività produttive a Montecitorio durante l’audizione dei sindacati del gruppo Stellantis.
Si unisce al coro anche Carlo Calenda, leader di Azione, che su X scrive: “Il fatto che Elkann abbia risposto negativamente alla richiesta di audizione del Parlamento è un grave sgarbo istituzionale. La risposta ‘ha già detto tutto Tavares’ non è accettabile. Non è stato Tavares a vendere Magneti Marelli promettendo di mantenere posti di lavoro e fabbriche, così come è stato Elkann ad accettare gli impegni occupazionali e produttivi per l’Italia in cambio di una garanzia di 6,3 mld di euro quando ne aveva disperatamente bisogno. Reitereremo la richiesta ma nel mentre speriamo che Palazzo Chigi finalmente lo convochi”.
Restano in silenzio, almeno per il momento, Matteo Renzi e Antonio Tajani, leader rispettivamente di Italia Viva e Forza Italia. Il primo, in passato, aveva difeso John Elkann dagli attacchi di Giorgia Meloni. Il secondo, lo scorso aprile, aveva dichiarato di aver ricevuto rassicurazione da Stellantis, che “intende assolutamente rimanere in Italia”.