Kamala Harris, la vice che sostituirà Biden nella corsa alla Casa Bianca

Il presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden si è ufficialmente ritirato dalla corsa per la rielezione alla Casa Bianca. La notizia, ormai nell’aria da alcuni giorni, è stata ufficializzata dal presidente in una nota ufficiale. “È stato il più grande onore della mia vita servire come presidente” ha dichiarato Joe Biden. “E anche se era mia intenzione cercare la rielezione, credo che sia nel miglior interesse del mio partito e del Paese di ritirarmi e concentrarmi solamente sui mai compiti come presidente per il resto del mandato”.

La svolta è arrivata in serata, a poche ore da quello che sembrava la conferma di voler andare fino in fondo nella corsa alla Casa Bianca. “Questa è l’elezione più importante della nostra vita e io la vincerò”, aveva scritto in mattinata il presidente degli Usa Joe Biden in un messaggio su X battuto da tutte le agenzie del mondo: non appariva per nulla intenzionato a cedere alle sempre più crescenti, e pubbliche, pressioni di chi lo invitava a farsi da parte. Ma qualche ora dopo ha cambiato idea e ha annunciato il ritiro: “Lascio la corsa alla Casa Bianca, mi concentrerò sui miei doveri di presidente fino alla fine del mio mandato”. Una svolta che sembrava nell’aria, ma qualcosa, nelle ultime ore, deve aver fatto precipitare la situazione.

“È stato il più grande onore della mia vita servire come vostro Presidente. E sebbene fosse mia intenzione ottenere la rielezione, credo che sia nel miglior interesse del mio partito e del Paese che io mi ritiri e mi concentri esclusivamente sull’adempimento dei miei doveri di Presidente per il resto del mio mandato”, afferma Joe Biden in una lettera postata su X, chiarendo che non lascerà la Casa Bianca fino al termine del suo mandato. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha poi fatto sapere che intende appoggiare come successore la sua vice, Kamala Harris, definita “una partner straordinaria durante tutto il nostro lavoro”.

“Permettetemi di esprimere la mia più profonda gratitudine a tutti coloro che hanno lavorato così duramente per vedermi rieletto. Voglio ringraziare il Vicepresidente Kamala Harris per essere stato un partner straordinario in tutto questo lavoro”, scrive in una lettera postata su ‘X’ il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, annunciando il suo ritiro dalla corsa alla presidenza.

Immediato il commento di Donald Trump: “Biden è stato di gran lunga il peggior presidente degli Usa. Kamala Harris sarà più facile da battere”.

“Potresti essere la prima. Ma assicurati intanto di non essere l’ultima”. Lo slogan che ama ripetere Kamala Harris è una frase che le ripeteva sua madre da bambina. Candidata democratica per le presidenziali dopo il passo indietro di Biden, e possibile prima presidente Usa donna di origine asiatica e afroamericana, in caso di vittoria su Donald J. Trump il prossimo 5 novembre nella corsa per la conquista per la Casa Bianca.

Non ama essere definita “la Barack Obama donna”, semplificazione inevitabile quando si parla di lei, nonostante l’amicizia di lunga data con il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti, che risale alla sua candidatura al Senato nel 2004.

Kamala Devi è un’avvocatessa e politica statunitense, 49º vicepresidente degli Stati Uniti d’America dal 20 gennaio 2021.

Nata a Oakland da madre indiana, immigrata da Chennai, e da padre di origine giamaicana, Kamala Harris studia alla Howard University e all’Hastings College of the Law di San Francisco. Dopo gli studi, lavora come vice procuratrice distrettuale della Contea di Alameda dal 1990 al 1998. Dopo aver lavorato per due anni presso quell’ufficio, nel 2003 è eletta procuratrice distrettuale di San Francisco, sconfiggendo il procuratore in carica Terence Hallinan. Rieletta nel 2007, resta in carica fino al 2011. Nel 2010 viene eletta procuratrice generale della California e rieletta ancora nel 2014.

Nel 2016 si candida alle elezioni per il Senato per succedere a Barbara Boxer che aveva annunciato il suo ritiro dopo 24 anni come senatrice. Il 7 giugno risulta nettamente la più votata nelle cosiddette jungle primaries della California a cui partecipano i candidati di tutti i partiti e che ammettono i due candidati più votati alle elezioni generali di novembre. L’8 novembre sconfigge l’altra democratica Loretta Sanchez con il 62,5% dei voti, nelle prime elezioni senatoriali della storia della California a cui non partecipano candidati repubblicani, diventando la prima afro-asioamericana ad essere eletta al Senato.

Essendo stata formalmente eletta come Vicepresidente degli Stati Uniti dal Congresso, Kamala Harris rassegna le sue dimissioni da Senatrice per la California il 18 gennaio 2021, il suo seggio viene assegnato ad Alex Padilla dal Governatore dello Stato della California.

La Harris era sempre stata considerata una candidata di prim’ordine e una potenziale vincitrice nel processo di nomination democratica per le presidenziali 2020. Nel giugno 2018 si disse che lei “non lo escludeva”. Nel luglio 2018 si annunciò che avrebbe pubblicato un’autobiografia, un indizio del fatto che volesse “scendere in campo”. Il 21 gennaio 2019 la Harris annuncia la sua candidatura per le primarie democratiche in vista delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2020, raccogliendo nelle successive 24 ore la somma di 1,5 milioni di dollari e superando il record stabilito da Bernie Sanders nel 2016. Il 27 gennaio più di 20.000 persone hanno partecipato all’evento per il lancio ufficiale della candidatura alla Frank Ogawa Plaza nella sua città natale di Oakland, in California.

Nel primo dibattito presidenziale dei democratici nel giugno 2019, la Harris biasimò l’ex vicepresidente Joe Biden per le sue dichiarazioni “offensive”, in riferimento alle sue manifestazioni di simpatia nei confronti di senatori che avevano ostacolato l’integrazione razziale negli anni 1970 e alla sua collaborazione con gli stessi nell’opporsi all’uso obbligatorio degli scuolabus. Il consenso riscosso dalla Harris crebbe nei sondaggi tra sei e nove punti in seguito a quel dibattito. Nel secondo dibattito in agosto la Harris fu criticata da Biden e dalla parlamentare Tulsi Gabbard per i suoi risultati in veste di procuratrice generale. Il San Jose Mercury News giudicò che alcune accuse di Gabbard e Biden coglievano nel segno — come l’aver bloccato il test del DNA di un recluso nel braccio della morte — mentre altre non superavano il vaglio. Subito dopo il secondo dibattito, la Harris crollò nei sondaggi. Nei cinque mesi successivi i suoi valori di sondaggio scesero alla cifra singola. In un momento in cui i liberal erano sempre più preoccupati degli eccessi nel sistema penale americano, la Harris subì critiche dai riformisti per la politica di durezza verso il crimine che aveva perseguito da procuratore generale della California. Per esempio, nel 2014 aveva fatto appello per chiedere la pena di morte per un condannato.

Considerata per alcuni mesi una promettente candidata, la sua caduta nei sondaggi d’opinione e una raccolta fondi fallimentare, incapace di coprire le spese da sostenere nelle primarie, costringono la senatrice a ritirare la propria candidatura presidenziale il 3 dicembre 2019.

Nel marzo 2020 diede il suo appoggio a Joe Biden, risultando una delle possibili scelte di Biden come candidata Vicepresidente.

Nel maggio 2019 i principali esponenti del Congressional Black Caucus approvarono l’idea di un ticket Biden—Harris. A fine febbraio Biden vinse plebiscitariamente le primarie dem per le presidenziali 2020 nella Carolina del Sud con l’appoggio del capogruppo alla Camera Jim Clyburn, e altri successi nel Super Tuesday. Ai primi di marzo Clyburn suggerì a Biden di scegliere come vice nel proprio ticket una donna nera, osservando che “le donne afroamericane devono essere ricompensate per la loro lealtà” In marzo Biden prese l’impegno di scegliere una donna come compagna di avventura elettorale.

Il 17 aprile 2020 la Harris replicò alle congetture giornalistiche dicendo che “sarebbe stata onorata” di “correre” con Biden. A fine maggio, in relazione alla morte di George Floyd e alle conseguenti proteste, Biden ricevette ulteriori inviti a scegliersi come ipotetica vice una donna nera, ponendo in rilievo le credenziali “legge e ordine” della Harris e Val Demings.

Il 12 giugno, The New York Times riferì che la Harris stava emergendo come favorita per affiancare Biden, essendo l’unica politica afroamericana di sesso femminile dotata dell’esperienza tipicamente richiesta a un vicepresidente. Il 26 giugno la CNN riferì che una dozzina abbondante di persone vicine al processo di ricerca di Biden consideravano la Harris una delle prime quattro concorrenti di Biden, assieme a Elizabeth Warren, Val Demings, e Keisha Lance Bottoms. L’11 agosto 2020 il candidato democratico alla presidenza ha ufficializzato la scelta di Kamala Harris come candidata alla vicepresidenza È la prima asioamericana ad essere scelta come compagna di corsa del candidato alla presidenza di un partito primario.

A seguito dell’elezione di Joe Biden a Presidente degli Stati Uniti, la Harris è stata la prima donna e la prima persona afroamericana e asioamericana ad assumere l’incarico di vice presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 2021, succedendo a Mike Pence.

Il 12 agosto 2020 è stata scelta dal candidato democratico Joe Biden come candidata vicepresidente in vista delle elezioni presidenziali, in cui ha prevalso il partito Democratico, rendendola la prima vicepresidente donna e la prima vicepresidente asio-americana della storia degli Stati Uniti d’America.

Nel dicembre 2020 il settimanale statunitense Time l’ha prescelta quale «persona dell’anno» insieme al presidente eletto Joe Biden.

Il 19 novembre 2021 diventa la prima donna a esercitare le funzioni di presidente degli Stati Uniti, sostituendo temporaneamente Biden mentre veniva sottoposto all’anestesia per una colonscopia.

La nomination di Harris, che nei sondaggi non ottiene risultati sensibilmente diversi rispetto a Biden, non è automatica.Il partito può scegliere un’altra figura, magari un governatore, e in ogni caso la nomination diventerebbe ufficiale solo con la convention.

In quella sede, il voto dei delegati potrebbe premiare un altro nome. L’ipotesi di una convention ‘aperta’, senza una chiara indicazione, sarebbe una situazione rara ma non unica: si è già verificata nel 1968. Ovviamente, questa ipotesi impegnerebbe il partito in una contesta interna che rischierebbe di pesare sul voto di novembre.

Biden ha espresso un endorsement immediato per Harris, ma la posizione del presidente non incide in maniera decisiva sulla nomination. Il Comintato nazionale democratico potrebbe avviare una procedura all’inizio di agosto per indicare il ticket e arrivare quindi con due nomi a disposizione della convention, in programma dal 19 agosto. Non si può escludere, però, che in quella sede vadano in scena delle reali ‘primarie’.

L’uscita di scena di Biden prima della nomination incide anche sulla gestione dei fondi raccolti sinora dal presidente. Secondo il Washington Post, che cita pareri di legali e funzionari. Biden potrebbe cedere il controllo delle risorse a Harris, visto che il nome della vicepresidente compare nei documenti consegnati alla Commissione elettorale federale. Dall’area repubblicana, però, questa ipotesi viene definita puramente teorica: secondo Charlie Spies, un legale di primo piano, servirebbe una nomination formale prima di procedere al passaggio di consegne nella gestione dei finanziamenti. Il partito democratico, inoltre, potrebbe scegliere un candidato diverso da Harris. In quel caso, la campagna di Biden potrebbe trasferire i fondi al Comitato nazionale democratico o ad un ‘super comitato’ che intende sostenere il nuovo ticket per la Casa Bianca.

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