Il futuro politico degli Stati Uniti si tinge di incertezza mentre la Vicepresidente Kamala Harris annuncia di essere pronta a guidare il Paese. Ha infatti rilasciato un’intervista al Wall Street Journal in cui sostiene di essere pronta a essere Presidente. Mentre alcuni all’interno del Partito Democratico applaudono questo passo avanti, altri si preoccupano per le conseguenze delle recenti controversie che circondano l’attuale Presidente Joe Biden.
L’intervista a Kamala Harris
La domanda è nata perché è noto l’attuale clima politico e le preoccupazioni circa l’età (e i dubbi sulla memoria) del Presidente Joe Biden, e Kamala Harris ha risposto senza troppi giri di parole: “Sono pronto a servire”. Ha aggiunto poi che tutti coloro che la vedono cimentarsi sul lavoro, “se ne vanno pienamente consapevoli della mia capacità di guidare”. Negli ultimi mesi, la Casa Bianca ha cercato di rilanciare l’immagine della Harris, la cui popolarità nei sondaggi è risultata inferiore a quella di Biden.
L’annuncio è arrivato in un momento politicamente delicato, solo due giorni prima che il Procuratore speciale Robert Hur gettasse ombre sulle capacità cognitive di Biden, sollevando dubbi sul suo stato mentale in relazione a documenti riservati non restituiti al termine della sua vicepresidenza nel 2017.
Hur ha reso pubbliche le sue preoccupazioni, scrivendo che Biden potrebbe essere visto da una giuria come un uomo anziano con una memoria incerta, rendendo difficile dimostrare la sua colpevolezza in un processo legale. Tale situazione complica ulteriormente la già turbolenta corsa alle elezioni presidenziali, programmate per il 5 novembre, con Biden che compirà 82 anni poche settimane dopo.
Il giornale online Politico ipotizza due possibili scenari nel caso il partito dovesse sostituire Biden, suggerendo che il Presidente stesso potrebbe annunciare di non accettare la nomination dopo aver vinto le primarie democratiche, permettendo ai suoi delegati di sostenere un altro candidato. Oltre a Kamala Harris, tra i possibili personaggi che possono concorrere al suo posto figurano i governatori della California, dell’Illinois e del Michigan: Gavin Newsom, J.B. Pritzker e Gretchen Whitmer.
Sostituire Biden dopo la convention sarebbe più complesso, poiché le regole stabiliscono che il presidente del partito, in caso di necessità, dovrebbe consultare la leadership democratica del Congresso e dell’Associazione dei Governatori Democratici per scegliere un nuovo candidato. Tuttavia, questo richiederebbe una corsa contro il tempo, dato che il voto anticipato inizia poco dopo la fine della convention.
Mentre i democratici valutano le loro opzioni, i repubblicani non avrebbero la possibilità di sostituire Donald Trump alla loro convention di luglio, anche in caso di condanna per crimini, se avesse la maggioranza dei delegati, poiché questi sono vincolati al loro voto.
Neanche gli statunitensi sembrano così felici del proprio Presidente. Un sondaggio ABC News/Ipsos durante il fine settimana ha rilevato che l’86% degli americani pensa che Biden sia troppo vecchio per servire un altro mandato come presidente. Biden è già il più vecchio presidente degli Stati Uniti in carica nella storia della nazione e concluderebbe un secondo mandato ipotetico a 86 anni.
Il ruolo politico di Kamala Harris: che cosa ha fatto in questi anni
Dopo un’ascesa trionfante, Kamala Harris nei suoi primi anni da Vicepresidente ha subito una discesa a picco. Storicamente, il ruolo di vice non è mai amato e diventa fonte di derisione per la stampa, dando quasi l’impressione che sia “normale” essere impopolari mentre si ricopre questo ruolo così delicato.
La Harris era una candidata della sinistra del partito, attenta al problema degli immigrati, ex ministro della giustizia della California (dunque anche Silicon Valley e Big Tech): è stata una scelta strategica, indubbiamente. Non è una Vicepresidente comune. È la prima donna, nonché la prima persona nera e asiatica americana a ricoprire questa posizione. I suoi anni da vice non sono stati facili.
Come procuratore distrettuale, ha sollevato il tasso di condanna e ha scritto un libro il cui titolo l’ha reso popolare: “Smart on Crime”. Come procuratore generale, ha represso i college for-profit, i prestatori di mutui e i cartelli della droga. Dopo aver vinto al Senato nel 2016, ha usato le sue enormi capacità dialettiche per affrontare i funzionari e i candidati dell’amministrazione Trump nelle udienze.
Da quando è entrata in carica ha dovuto fronteggiare diversi problemi. Il primo è stato quello di affrontare le cause profonde della migrazione negli Stati Uniti dai paesi dell’America centrale. Il numero di immigrati che attraversavano gli Stati Uniti dal “Triangolo settentrionale” di El Salvador, Guatemala e Honduras è aumentato durante il primo anno della presidenza Biden e l’amministrazione stava cercando modi per arginare il flusso mentre invertiva alcune delle politiche più draconiane dell’amministrazione Trump.
Al tempo stesso sono cominciate anche le critiche. Nel suo viaggio di Stato in Guatemala e in Messico aveva stupito tutti per aver detto agli aspiranti emigranti di “non venire”, dopo una campagna elettorale tutta improntata sull’accoglienza ed anni di polemica con l’amministrazione Trump proprio sull’immigrazione.
I suoi sostenitori spesso argomentano che le critiche rivolte contro di lei sono motivate dal razzismo e dal sessismo. I politici maschi bianchi non affrontano lo stesso tipo di ostilità online che la Harris deve affrontare.
Un altro tema di cui si è occupata è stato l’aborto. Questo tema è diventato una questione fondamentale per i democratici in seguito alla decisione della Corte Suprema di ribaltare i diritti federali. Kamala Harris ha dedicato gran parte del 2022 a rivolgersi agli elettori con promesse di proteggere e dare priorità a questi diritti. Mentre Joe Biden annunciava la sua candidatura per il 2024, Kamala Harris teneva un appassionato discorso durante una manifestazione a favore della libertà riproduttiva presso la Howard University. In questo contesto, ha criticato apertamente i “cosiddetti leader estremisti” per aver promulgato leggi restrittive sull’aborto.
Kamala Harris è stata una figura di spicco dell’amministrazione per stabilire la protezione del diritto di voto. Ha lavorato instancabilmente per persuadere il Congresso ad approvare la John R. Lewis Voting Rights Advancement Act, un’iniziativa volta a estendere le salvaguardie previste dal Voting Rights Act del 1965 e a richiedere l’approvazione federale per alcune modifiche alla legislazione elettorale locale.
Per raggiungere questo obiettivo, la Harris ha lavorato alla creazione di coalizioni politiche con i leader dei diritti civili, ha esercitato pressioni sul Congresso da parte della società civile e ha avuto incontri privati con i legislatori. Questo è servito a poco dal momento che si è scontrata con un ostacolo insormontabile quando due senatori hanno rifiutato per ben cinque volte le proposte di modificare le procedure del Senato per contrastare l’ostilità repubblicana.