‘Un riformista moderato, che ha riposizionato i laburisti nell’area centrista dopo la stagione per loro politicamente drammatica della leadership del radicale Jeremy Corbyn’. È questo Keir Starmer, il nuovo premier britannico, incaricato da Re Carlo III subito dopo le dimissioni di Rishi Sunak. Starmer, che ha portato il suo partito a una vittoria nettissima sui Tory con 412 seggi parlamentari conquistati a fronte dei 116 dell’ex maggioranza, rappresenta una rarità di questi tempi: è un leader di sinistra vincente. Avrebbe quindi i connotati giusti per diventare un’icona d’area anche dalle nostre parti. Ma c’è un ma: il suo profilo e il suo programma raccontano una sinistra piuttosto lontana e talvolta lontanissima dalla deriva massimalista della nostra. E questo anche al netto del fatto che Starmer è stato anche uno dei legali di Silvio Berlusconi, ai tempi del ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, nel 2021, contro gli effetti della legge Severino. Non a caso, per la sua affermazione non ci sono state particolari euforie, ma per lo più prese di posizione di cauto rallegramento. In Inghilterra ‘si è aperto un ciclo nuovo. A Starmer e al Labour, con cui il Pd ha uno storico legame di collaborazione, sono arrivati auguri di buon lavoro’, da parte di Elly Schlein.
Classe 1962, avvocato dei diritti umani, appassionato di calcio e tifoso dell’Arsenal, Starmer guida i Labour dal 2020, quando il partito era ai minimi storici per la svolta a sinistra di Corbyn. Da allora ha sempre lavorato per un ritorno alla moderazione, assicurando di voler mettere ‘il Paese al primo posto, il partito al secondo’. Un’impostazione che appare opposta a quella della sinistra nostrana. Anche lo stile delle sue prime battute da premier va in una direzione opposta a quella consueta per la sinistra italiana: annunciando la volontà di imprimere un cambiamento profondo al Paese, Starmer ha comunque voluto fare un esplicito ringraziamento a Rishi Sunak. ‘Nessuno dovrebbe sottovalutare i suoi sforzi. Riconosciamo anche la dedizione e il duro lavoro fatto sotto la sua leadership’.
Come aveva annunciato che avrebbe fatto alla vigilia del voto, Rishi Sunak si è assunto la responsabilità della sconfitta. E, dopo aver tenuto il discorso di congedo da Downing street, si è subito recato a Buckingham Palace per incontrare re Carlo III e rassegnare le dimissioni da primo ministro britannico.
‘Ho dato tutto a questo lavoro, ma avete inviato un segnale chiaro che il governo in Gran Bretagna deve cambiare e il vostro è l’unico parere che conta. Ho ascoltato la vostra rabbia, la vostra delusione, e mi ha assumo la responsabilità per la sconfitta’, ha detto Sunak, rivolgendosi agli elettori britannici, dicendosi comunque ‘orgoglioso dei risultati raggiunti’. Lascio un Paese più solido e prospero di venti mesi fa. Lascio questo lavoro e sono onorato di essere stato il vostro primo ministro’, ha proseguito, ringraziando i cittadini che sono la vera fonte dei nostri successi e della nostra ricchezza’.
Il fair play verso Starmer: ‘Un uomo rispettabile e dotato di spirito pubblico, che sebbene sia stato il mio avversario politico, diventerà presto il nostro primo ministro. In questo lavoro, i suoi successi saranno tutti i nostri successi e auguro ogni bene a lui e alla sua famiglia. Qualunque siano i nostri disaccordi in questa campagna, è un uomo rispettabile e dotato di spirito pubblico. Lui e la sua famiglia meritano la massima comprensione mentre compiono l’enorme transizione verso le loro nuove vite dietro questa porta. E mentre è alle prese con questo lavoro impegnativo in un mondo sempre più instabile’.
Sunak quindi ha chiarito che ‘mi addolora pensare a quanti bravi colleghi che hanno contribuito così tanto alle loro comunità e al nostro Paese non siederanno più alla Camera dei Comuni. Li ringrazio per il loro duro lavoro e il loro servizio. Ho sentito la vostra rabbia, la vostra delusione. E mi assumo la responsabilità di questa sconfitta’. Secondo gli ultimi conteggi, i conservatori britannici avrebbero perso 250 seggi, chiudendo a 116 su 650 (i laburisti ne hanno ottenuti 412) e subendo la peggiore sconfitta dal 1832. Fra i molti non rieletti, secondo quanto riferito dalla Bbc, vi sarebbero anche 14 ministri del governo Sunak, dal ministro della Difesa Grant Shapps, alla ministra dell’Istruzione Gillian Keegan, fino al ministro per la Scozia Alistair Jack e alla leader della Camera dei comuni, Penny Mordaunt. Anche l’ex premier Liz Truss, secondo quanto emerso, avrebbe perso il suo seggio.
A Sunak è arrivato un saluto da parte di Giorgia Meloni: ‘Ringrazio il mio amico Rishi Sunak per questi anni di intensa collaborazione e di sincera amicizia che hanno rafforzato i legami tra le nostre due Nazioni’, ha scritto su X la presidente del Consiglio, che ha anche rivolto le sue congratulazioni al nuovo primo ministro laburista Keir Starmer, ‘per la sua affermazione elettorale. Lo stato dei rapporti tra Italia e Regno Unito è eccellente e sono certa – ha sottolineato Meloni – che continueremo a coltivare un rapporto di collaborazione forte e affidabile tra le nostre grandi Nazioni, nell’interesse dei nostri cittadini e in linea con gli obiettivi strategici comuni’.
I laburisti si avvicinano al record storico dei 418 seggi conquistati da Tony Blair nel 1997. Se però si fa un’analisi più dettagliata del voto si vede che, in realtà, la crescita dei consensi non è affatto andata di pari passo con quella dei seggi. Il Labour si è attestato qualcosa sotto il 34%, a fronte del 32% del 2019 che segnò una sonora sconfitta del partito guidato da Jeremy Corbyn, espressione di una sinistra radicale. Se si considerano i voti assoluti, poi, si scopre che il trionfo di oggi dei laburisti, infatti, si regge su mezzo milione di voti in meno della disfatta di cinque anni fa. Una situazione paradossale, nella quale ha certamente avuto un peso la scarsa affluenza alle urne: meno del 60% degli aventi diritto ha votato, mentre nel 2019 la percentuale superò il 67%. E, dunque, sembra che Sunak sia stato sconfitto più dalla disaffezione degli elettori conservatori che da uno spostamento a sinistra del Paese.
A valanga, come previsto, anche a causa della disastrosa decisione della Brexit. Il partito laburista vince a valanga le elezioni generali nel Regno Unito e Keir Starmer è il nuovo primo ministro. ‘Ce l’abbiamo fatta! Il cambiamento inizia ora’, ha detto il leader laburista commentando nella notte l’esito del voto in Gran Bretagna. ‘Ci avete combattuto, ci avete votato, e ora il cambiamento è arrivato. E fa bene, devo essere onesto. Quattro anni e mezzo di lavoro per cambiare il partito. Ecco a cosa serve: il partito laburista è cambiato, è pronto a servire il nostro paese, pronto a riportare la Gran Bretagna al servizio dei lavoratori’.
Con 545 risultati elettorali dichiarati, il partito laburista ha vinto superando i 400 seggi con una quota di voto del 36%, afferma PA Media. I conservatori al momento sono sotto i 100 seggi e una quota di voti del 22,8%. I Liberal Democratici hanno trionfato in 50 circoscrizioni con l’11,2% dei voti complessivi, mentre Reform UK ha ottenuto il 14,5% dei voti, ovvero il successo in quattro seggi. Lo SNP ha cinque seggi, il Plaid Cymru quattro, lo Sinn Féin sei e il DUP quattro. Il Partito Verde ha il 6,8% dei voti e due seggi.
Il primo ministro britannico Keir Starmer ha promesso un ‘rinnovamento nazionale’ per la Gran Bretagna, dopo la schiacciante vittoria del partito laburista alle elezioni generali, e il ritorno al potere dopo 14 anni di opposizione. ‘Il nostro compito non è altro che rinnovare le idee che tengono insieme il nostro Paese, un rinnovamento nazionale’, ha detto in un discorso pronunciato mentre il suo partito si assicurava la maggioranza assoluta nel nuovo Parlamento. ‘Non posso promettervi che sarà facile’.
Starmer, tra le sue promesse, ha annunciato di voler aumentare gli standard di vita delle persone.
‘Il voto in Gran Bretagna punisce i responsabili di quella che fu una gigantesca cavolata che abbiamo pagato tutti gli inglesi, noi europei, la comunità internazionale. Non a caso la vittoria di Trump arrivò pochi mesi dopo il voto sulla uscita della Gran Bretagna dalla Ue’, afferma l’ex premier Enrico Letta parlando a Repubblica della vittoria dei laburisti in Inghilterra: ‘Come la Brexit ha anticipato una tendenza mondiale, quella della distruzione, io spero che la vittoria di Keir Starmer sia l’anticipo di una nuova tendenza alla costruzione. Penso che gli elettori inglesi abbiano fatto mea culpa e abbiano voluto chiudere cosi’ otto anni di autodistruzione. Si trattava di un referendum consultivo e la parola Brexit, in sé, non voleva dire niente e portare gli inglesi fuori da tutto è stata una forzatura politica. Difficile però tornare indietro: Non penso che ci possa essere un nuovo ingresso.
Dal Pd arrivano commenti entusiastici. ‘Che bella la vittoria laburista nel Regno Unito! Gli inglesi hanno detto basta ai disastri economici e sociali dei conservatori e hanno premiato un progetto serio e credibile di governo. Congratulazioni e buon lavoro a Keir Starmer’, dice Anna Ascani, deputata Pd e vicepresidente della Camera.
I Socialdemocratici della Sicilia hanno inviato un messaggio di congratulazioni a Keir Starmer, nuovo Primo ministro del Regno Unito e leader del Partito Laburista, che ha vinto le elezioni con una delle migliori affermazioni mai registrate nella storia della socialdemocrazia europea. Secondo Antonio Matasso, segretario regionale del Sole nascente, ‘i socialisti democratici siciliani accolgono con soddisfazione la notizia che un altro grande paese europeo, con cui la Sicilia e l’Italia vantano antichi legami, torna ad essere guidato da una forza socialdemocratica, oltretutto a cento anni dalla scomparsa di Giacomo Matteotti, il quale ebbe rapporti di intensa fraternità i con i laburisti britannici’.
Matasso ha anche evidenziato come la guida di Starmer abbia valorizzato la lunga tradizione riformista del Labour, da cui ‘la socialdemocrazia continentale si aspetta una revisione di quella decisione regressiva che fu l’uscita dall’Unione Europea del Regno Unito’
Contrario all’austerità, Starmer si dichiara socialista, ma il suo approccio e il suo programma sono molto orientati al sostegno del business e dell’impresa. “Crede che lo Stato debba essere un facilitatore e che debba essere presente come rete di sicurezza”, ha spiegato il professore di scienze politiche Tim Bale, dandone una definizione che lo avvicina più alla destra che alla sinistra. La sua storia personale, inoltre, lo caratterizza come un underdog d’Oltremanica: figlio della classe popolare – il padre era un artigiano, la madre un’infermiera – Starmer s’è fatto da sé, frequentando le scuole pubbliche migliori grazie al merito negli studi. Poi l’università a Leeds e la specializzazione a Oxford, che hanno dato slancio alla sua affermazione professionale. Sposato dal 2007 con una collega di origini ebraiche e padre di due figli adolescenti, Starmer è sempre stato in prima linea contro l’antisemitismo, ancora di più di fronte alle recrudescenze seguite all’attacco del 7 ottobre.
Dal punto di vista del programma, ciò che maggiormente sembra avvicinarlo alle istanze della sinistra come la conosciamo noi sono i temi ambientali. Su altri temi, dalle politiche fiscali a quelle migratorie, le distanze invece sono più marcate. Così marcate che il manifesto avverte: ‘Sarà Labour, ma i loro piani fanno paura. Non c’è niente da stare allegri’. Starmer, oltre a pensare allo stato come ‘facilitatore’, ha manifestato una certa ostilità per l’aumento delle tasse, anche con dei distinguo all’interno del partito, dove invece qualcuno ne è sedotto. Il programma ufficiale labour esclude l’aumento dell’imposta sul reddito, quello dei contributi previdenziali e dell’Iva e punta piuttosto ad aumentare le entrate pubbliche tramite la crescita. Per la sanità, che in Gran Bretagna come in Italia risente dei ritardi accumulati col Covid, il programma prevede il raggiungimento di due milioni di appuntamenti in più all’anno. Come? Con un’altra formula che suona familiare in Italia, e non certo grazie alla sinistra: incentivi al personale per lavorare di sera e nei festivi e maggiore coinvolgimento dei privati. Anche per il capitolo immigrazione le parole d’ordine sono poco familiari a Pd & co, sebbene abbia manifestato la volontà di abbandonare il piano di invii in Ruanda: investimenti in sicurezza per ‘sgominare’ le bande di trafficanti e rimpatri per chi non ha diritto all’asilo.