Staccandosi dalla usuale tattica di nascondersi dietro le azioni degli alleati coltivati nella regione, la Guida suprema Ali Khamenei vuole che qualsiasi rappresaglia per l’uccisione del generale iraniano Qassam Soleimani da parte degli Usa sia un attacco diretto e proporzionato contro interessi americani, eseguito apertamente dalle forze iraniane. Lo scrive il New York Times citando tre fonti iraniane presenti ad un incontro del consiglio per la sicurezza nazionale dove Khameni ha dettato la linea. Intanto una folla immensa si è radunata a Kerman per la sepoltura del generale Soleimani, la cui salma è nella cittadina dell’Iran sudoccidentale. Gli abitanti di Kerman sono arrivati in massa nel centro della città natale del generale Soleimani, dove è prevista la sepoltura. La mobilitazione appare delle stesse dimensioni di quelle organizzate domenica e lunedì a Teheran.
L’Iraq ha chiesto lunedì in una lettera all’Onu che il Consiglio di Sicurezza condanni il raid con cui venerdì scorso gli Usa hanno ucciso all’aeroporto di Baghdad il generale iraniano Qassam Soleimani e il suo vice Abou Mehdi al-Mouhandis, affinché “la legge della giunga” non domini le relazioni internazionali. L’operazione americana, si legge nella missiva dell’ambasciatore iracheno alle Nazioni Unite, “rappresenta una aggressione contro il popolo e il governo dell’Iraq, una violazione flagrante delle condizioni legate alla presenza delle forze americane in Iraq e una escalation pericolosa che potrebbe condurre ad una guerra devastatrice in Iraq, nella regione e nel mondo” Baghdad chiede al consiglio di sicurezza di “adempiere alle sue responsabilità e di vigilare in modo tale che siano chiamati a rispondere coloro che commettono tali violazioni, che non violano solo i diritti umani ma anche il diritto internazionale, facendo prevalere la legge della giungla in seno alla comunità internazionale”.
L’attacco in Iraq che ha ucciso il generale iraniano Soleimani ha gettato il Medio Oriente sull’orlo di un conflitto su più ampia scala tra Iran e Stati Uniti. L’Iraq vota per il ritiro dei militari Usa “Il governo iracheno deve lavorare per far cessare la presenza di qualsiasi truppa straniera sul suolo iracheno e proibire loro di utilizzare per qualsiasi ragione il suo territorio, spazio aereo e acque territoriali“. Questo il testo della risoluzione votata dal parlamento dell’Iraq in una sessione d’emergenza, convocata immediatamente dopo l’eliminazione di Soleimani.
I prossimi passi Il presidente della Camera, Mohammed Halbusi, ha spiegato – subito dopo la votazione – che per cancellare l’accordo in base al quale le truppe statunitensi e della coalizione anti-Isis sono presenti in Iraq serve varare un’apposita legislazione. Il prossimo passo quindi dovrà essere la presentazione da parte del primo ministro o del presidente, di un disegno di legge ad hoc, che dovrà ottenere l’approvazione del Parlamento in prima e seconda lettura. Dopodiché, scatterebbe una nota con cui si dà un anno di tempo per effettuare il ritiro.
Il governo tedesco sarebbe sul punto di mettere in atto il ritiro di una parte dei suoi effettivi dall’Iraq. Il Ministero della Difesa si starebbe apprestando a trasferire una trentina di uomini da Baghdad e Taji, che saranno dislocati tra la Giordania e il Kuwait. La presenza militare tedesca in Iraq potrà avere un seguito – ha spiegato il ministro degli Esteri di Berlino Heiko Mess – in presenza di un invito ufficiale da parte del governo e del Parlamento iracheni. Se non è più questo il caso, ciò significa che la base legale per la nostra permanenza lì viene a mancare.
Dalla creazione della coalizione anti-ISIS, avvenuta nel 2014, l’Iraq ha dispiegato 415 uomini nei teatri mediorientali, con circa 120 di essi di stanza in Iraq.
La mossa di Berlino arriva a poche ore dall’approvazione da parte del governo iracheno di una mozione che prevede l’espulsione di tutte le forze armate straniere dal Paese e la fine dell’accordo tra Baghdad e la coalizione a guida americana.
Tale eventualità è stata tuttavia smentita dal Pentagono, che per voce del capo dello stato maggiore congiunto delle forze armate statunitensi, Mark A. Milley, ha ribadito la propria indisponibilità ad abbandonare l’Iraq.